Sul tema “identità e differenza” si sono confrontati al Meeting nomi illustri del giornalismo nazionale: Dino Boffo, direttore di “Avvenire”, Ferruccio De Bortoli, Amministratore Delegato RCS Libri, e Gad Lerner, giornalista.
“Vogliamo offrire un esempio documentato, visibile del tema di questo incontro – ha sottolineato in apertura Alberto Savorana, direttore di “Tracce” – tema di un’attualità drammatica, per non dire tragica e che trova qui al Meeting una sensibilità, un‘apertura a capire cosa sta accadendo, quali possono essere le condizioni e i fattori di un dialogo, consapevoli che senza alcune parole che caratterizzano un’esperienza umana è difficile aprirsi senza timore all’incontro con l’altro. Sono gli altri che ci mettono al mondo. È nell’incontro con l’altro che si scoprono novità, possibilità, strade. Un dialogo tra persone, non tra progetti e ideologie”.
A giudizio di Lerner è da considerare un campanello d’allarme l’enfasi posta sull’abusatissima parola “identità”. “Per questo ho intitolato il mio programma ‘L’infedele’, alludendo a questa difficoltà di riconoscersi. Nella nostra vita ne cambiamo almeno tre di identità, che è in genere il mezzo con cui ci riconosciamo in politica, magari con identità pret a porter, artificiali, manipolabili. Chiediamoci invece se non significhi che siamo tutti frutti di uno stesso seme. Vi spaventa pensare che sia il dato che accomuna che prevalga su quello che divide?. La vera amicizia è scambio, stipulare un patto d’ingerenza reciproco, ascoltare essendo disposti a cambiare. Bisogna allora riconoscersi in questa concezione dell’identità, accogliente e non divisiva. I grandi pensatori della cultura ebraica del ‘900 hanno lasciato messaggi che sono divenuti universali, e gli ebrei chiedevano solo di far parte del diritto comune. Io non ha paura di un’identità che ci accomuna”.
“Credo nel dialogo – ha affermato Boffo – come rapporto con gli altri. Conta l’incontro con la persona, che ‘l’altro’ sia importante. Questa è la fonte del ‘compromesso personale’. Il problema è come concepire l’identità. Dobbiamo essere portatori di un’interpretazione del dialogo in un senso alto: ho bisogno della verità di un altro per irrobustire la mia”.
Per Ferruccio De Bortoli, tutti abbiamo la sensazione (spesso fallace, in un mondo globalizzato), o per meglio dire l’illusione, il paradosso, di conoscere tutto, ma spesso non conosciamo nulla. “Ci si domanda perché si radichino gli odi, i sospetti, le differenze e le indifferenze, più dei valori positivi. La riflessione che voglio proporre è che non abbiamo perduto in questi anni la capacità di farci conoscere per quello che siamo. Nei teatri dei conflitti si verifica il paradosso che ad essere portatori della ricchezza di valori della civiltà occidentale siano solo alcune organizzazioni non governative, mentre gli Stati presentano spesso altre facce”. .
M. T.
Rimini, 25 agosto 2004