Rimini, martedì 21 agosto – L’incontro delle 11.30 in Salone Intesa Sanpaolo A3 si è aperto con la proiezione di una clip dello spettacolo teatrale “I Miserabili” coprodotto da Il Teatro De Gli Incamminati, da CTB Centro Teatrale Bresciano e dal Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, seguito da un’intervista a Franco Branciaroli che ne è il protagonista. Questi spiega che il personaggio di Jean Valjean nella riduzione teatrale dice poche battute, ma è una presenza fisica massiccia, che vuol suscitare interrogativi (e risposte) negli spettatori.
Luca Doninelli, giornalista e scrittore, autore della riduzione teatrale, considera che un romanzo “è sempre il tentativo di un uomo di descrivere il suo rapporto con tutto” e che non esiste una tecnica per scrivere: “Diffidate delle istruzioni per l’uso”. Tuttavia è possibile catalogare un romanzo nell’ambito dei diversi generi letterari riconosciuti. Sotto questo aspetto “I Miserabili”, che è uno dei dieci romanzi che costituiscono la storia della letteratura, può considerarsi un romanzo di iniziazione, sacro, anche se scritto da un anticlericale. “che era però un uomo di fede”.
Davide Prosperi, docente di Biochimica all’Università di Milano-Bicocca e vicepresidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, cita Hugo, che spiegò aver voluto rappresentare, con questo romanzo, un momento storico, raffigurando la società di quel momento, con le sue istanze politiche: quindi nulla di religioso. Tuttavia Prosperi nota che la grandezza dell’opera è proprio data dal fatto che essa è in grado di muovere le riflessioni di qualunque lettore, definite dall’esperienza personale.
Il personaggio principale dell’opera, Jean Valjean, incarna l’uomo nella sua essenza ontologica, “nel-la sua grandezza e bassezza”; egli ha rubato (per necessità) e non se ne è pentito, si sente anzi lui defraudato di 19 anni di vita passati ai lavori forzati. L’incontro col Vescovo, che Jean deruba e che anziché punirlo lo fa soggetto di misericordia (donandogli anche i candelabri che Jean aveva omesso di rubare) è la chiave di lettura di tutto il romanzo, con gli strumenti di lettura dati dall’esperienza cristiana. Il Vescovo, che, anziché reagire all’ingiustizia, vi si consegna, è Cristo, che non sfugge ai suoi carnefici, donandosi per la salvezza dell’uomo. Jean Valjean, riconoscendo questo dono cambia la sua natura, abbandona l’astio per le ingiustizie ricevute e si mette a sua volta a disposizione del bene. Lo stesso persecutore di Jean, convinto che la bontà e la giustizia siano solo conseguenti ad un mondo di perfetta osservanza delle regole date, quando riconoscerà che la carità e l’amore sono la vera strada della perfezione, non reggerà al crollo della sua visione e si suiciderà, lasciando sfuggire Valjean.
Dunque, conclude Prosperi “vince l’uomo che accetta di riceve lo sguardo di chi rende l’uomo libero”.
(C.C.)