Rimini, domenica 19 agosto – “Human Flow, che potrebbe tradursi “corrente umana, fluido umano” o meglio “fiume umano”, è il titolo del documentario con cui iniziamo il programma di questo spazio, Cammini”. Così Roberto Fontolan, curatore insieme a Raffaella Di Noia, introduce l’opera realizzata nel 2017 dal grande artista cinese Ai Weiwei, risultato della collaborazione tra Participant Media, AC films e Rai Cinema e vincitore del Leone d’oro alla 74a Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Proiettato alle 19.00 nell’Arena Cammini B2, il documentario inaugura una fitta rete di incontri e proiezioni che documentano storie di migrazioni da ogni parte del mondo.
Più di 65 milioni di persone sono costrette a spostarsi per fuggire da guerre, carestie, cambiamenti climatici, persecuzioni religiose, o semplicemente alla ricerca di una condizione di vita migliore, cau-sando il più grande spostamento umano dalla seconda guerra mondiale. “L’anno scorso c’era uno spazio simile, Muri – ricorda Fontolan -. Cammini è una risposta, è una chiave per superare i muri che sono stati costruiti. L’idea fondamentale è il muoversi alla ricerca di un altro mondo. Si tratta di aspetti, esempi, fatti che ci raccontano un mondo in cammino”.
Ai Weiwei si immerge nella vita dei profughi, li incontra e li intervista, identificandosi con essi per mostrarci la tragedia attraverso i loro occhi. È un racconto per immagini a cui si aggiungono intervi-ste, dati statistici sui flussi migratori, titoli delle grandi testate giornalistiche mondiali e frammenti lirici tratti dai grandi poeti delle terre martoriate. La narrazione offre diversi quadri da tutto il mondo: Iraq, Afghanistan, Grecia, Macedonia, Bangladesh, Francia, Germania, Italia, Israele, Giordania, Kenya, Messico, Stati Uniti, Turchia, Libano e Pakistan. Oltre alle cause che spingono milioni di persone a lasciare le proprie terre d’origine, il documentario mostra anche la risposta drammatica dei paesi d’accoglienza: la chiusura delle frontiere.
Al registro prettamente documentaristico si aggiunge la cifra artistica, la potenza dell’immagine che smuove gli animi di chi la osserva. L’artista cinese compare frequentemente nelle inquadrature, mostrandosi sempre presente e partecipe della vita quotidiana dei migranti. L’infinito puzzle di immagini fa emergere l’idea della migrazione come fenomeno globalizzato inarrestabile, al quale le attuali politiche non sono in grado di rispondere efficacemente. Tuttavia, ciò che ha tenuto la quasi totalità degli spettatori immobile davanti allo schermo per due ore e venti minuti è stato lo sguardo profondamente umano su uno dei fenomeni più tragici dell’attualità, ossia la capacità dell’artista cinese di restituire totale dignità ai volti presentati, lasciando che sia la loro stessa voce a raccontare la loro personale storia, al di là di ogni congettura politica o ideologica.