“Io sono un musicista e mi esprimo attraverso le note”. Rispettando quanto Mozart sosteneva in una sua lettera, Enrico Parola ha iniziato il primo degli incontri guidati all’ascolto della musica classica, senza troppo dilungarsi sulla vita e la personalità di Mozart, peraltro ben descritta nel film “Amadeus”.
Il primo aspetto della genialità di Mozart è stato il fatto che il grande musicista fosse capace di comporre interi minuti di musica per dire solo qualche parola. Per esempio, l’“Agnus Dei” della Messa dell’Incoronazione dura cinque minuti tutt’altro che noiosi. Come per i quadri e le poesie l’uomo capisce meglio se stesso attraverso l’arte di un genio, che scava in profondità le parole, le immagini, le situazioni che spesso si vivono senza afferrarne la portata.
Il Requiem KV 626 è stato presentato tramite l’ascolto guidato di cinque pezzi: Introitus, Dies Irae, Rex Tremendae Maiestatis, Confutatis, Lacrimosa. Essendo Mozart anche un grande operista, egli possedeva un’ottima conoscenza della drammaturgia. Da una parte, quello che viene espresso con le parole è anticipato dalla musica; dall’altra, il percorso che sarà compiuto durante tutto il Requiem viene già mostrato nel brano introduttivo, l’Introitus. La richiesta di riposo non è lieta, il sentimento dominante è l’afflizione e il senso di angoscia per quanto male l’uomo è capace di fare. Per tutto il pezzo Mozart guarda se stesso e non trova altro che dolore. La domanda di “lux perpetua”, che conclude il brano prima affievolendosi e poi spegnendosi, porta una drammaticità data dalla tensione verso l’alto aggravata dal peso del peccato.
La musica del Dies Irae non si dipana in una voluta lirica; gli strumenti sembrano riprodurre, ora il battere dei denti per la paura, ora le folate di vento, ora le schiere angeliche. Mozart vuole evocare un’unica scena: il mondo smascherato dal peccato nel giorno del giudizio. Questa immagine è rafforzata anche nel Rex Tremendae Maiestatis. L’assoluto padrone si impone come tale all’uomo, al mondo, alla storia; l’uomo è completamente soggiogato da questa onnipotenza ed annientato dal suo male. Ecco però il primo scarto, un passaggio logico abissale perfino dal punto di vista della tecnica musicale, quasi un “errore” da parte del compositore. La musica cambia completamente, irrinunciabilmente (dopo un momento di pentimento) emerge l’invocazione: “Salva me”. Il materiale musicale di questo brano è ripreso anche nel Confutatis: le musiche non si impennano, ma vanno in linea retta, come a ricordare l’inesorabilità del giudizio. Mozart non persegue un ideale di perfezione; sottolinea invece il dolore per il proprio male. Ma il cuore del Requiem sta tutto nel Lacrimosa, quando per la prima volta Mozart passa da una tonalità all’altra attraverso la modulazione, senza strappi. La musica si scioglie in un abbraccio paterno: Mozart non dimentica il proprio peccato ma, davanti al volto buono del Signore, chiede perdono con voce libera.
P.S.
Rimini, 25 agosto 2003