Nella affollata sala A3 prende vita il viaggio della certezza secondo lo sguardo del grande Chesterton, sotto la sapiente guida della docente di letteratura e teologia (anglicana) Alison Milbank, dell’Università di Nottingham, e dell’appassionato Edoardo Rialti, professore e traduttore.
“Che direbbe Chesterton della certezza – si chiede Ubaldo Casotto introducendo l’incontro – se fosse qui al Meeting?” La risposta probabilmente sarebbe stata formulata (Casotto cita lo spettacolo chestertoniano La ballata del cavallo bianco, rappresentato la sera precedente) da frasi quali “lanciare il cuore oltre le incertezze” e “cavalcare nel dubbio verso la battaglia”.
“Chesterton ci insegna a fidarci delle cose come segni”, prosegue Casotto. Per il convertito inglese infatti “l’evidenza non è che l’enorme accumulazione di piccoli fatti”. In questo itinerario di accumulazione, che è di ciascun uomo come di tutta l’umanità, lo scrittore inglese individua due salti ontologici nella storia del mondo: “l’uomo che per primo dipinse una renna in una grotta, e l’uomo che i Magi trovarono in un’altra grotta”. L’itinerario della certezza allora “non può essere solo una dottrina” e “non presenta ripetizioni tipiche di un modello o di un meccanismo, ma piuttosto quelle che si trovano in un racconto”.
La parola passa a Milbank, che in un denso intervento analizza il rapporto di Chesterton con l’opera di san Tommaso d’Aquino. “Non troverete negli studi di Chesterton su san Tommaso la disamina sistematica e dettagliata della Summa Theologiae, ma un’appassionata e convincente presentazione del modo con cui il cuore dell’opera di Tommaso ci consente di costruire genuine certezze delle nostre esperienze del mondo e di Dio”. Così l’ortodossia (Orthodoxy è il polemico titolo dell’autobiografia intellettuale pubblicata nel 1908) diventa “una pericolosa ed eccitante avventura”. In tale avventura è privilegiata la figura del bambino, decisiva nel formarsi iniziale dell’esperienza e decisiva anche come atteggiamento certo e positivo nel rapporto con la realtà.
Rialti prende in esame un altro aspetto caratteristico dello scrittore e della sua opera: la lotta e il duello. Sulla scorta di appassionate citazioni afferma che “Chesterton combatte contro un nemico oscuro, che tenta di inghiottire tutto e di spuntare l’arma dell’avversario”. Ed infatti “per lui amare e lottare sono azioni indissolubili, tanto che, sorpreso dall’entusiasmo per il reale, ha saputo puntare una spada alla gola del mondo del Novecento: tutto è magnifico, paragonato al nulla”. Kafka, Hemingway, Borges: tutti loro, con molti altri, “hanno ammirato la presenza di spirito di Chesterton nel contrastare e polemizzare in un mondo dove molti cominciavano ad inchinarsi ad Hitler”.
Per spiegare l’origine di questa vis non solo polemica, Rialti ricorda il duello tra Flambeau e padre Brown. Il ladro si converte perché “solo padre Brown mi ha detto perché rubavo, e da allora non l’ho più fatto” concludendo che “il duello non è per la fede, ma per la ragione”. “Leggete Chesterton e la nuova Chesterton Review – è lo spot finale di Casotto – un uomo vivo che ci tiene vivi”.