Green Book, un libro figlio di un’ideologia di sofferenza

Redazione Web

Rimini, 19 agosto – «È una grande storia, una storia vera, con una trama avvincente che spinge ad immedesimarsi». Così Beppe Musicco, giornalista di Sentieri del Cinema, ha introdotto la proiezione del primo film in programmazione al Meeting per l’amicizia fra i popoli. «I luoghi comuni vengono amplificati, ma invece di mortificare valorizzano», ha spiegato.

Green Book è vincitore di 3 Premi Oscar e 3 Golden Globe; prende il nome dalla guida di viaggio pensata appositamente per gli afroamericani, utile a evitare situazioni particolarmente scomode nelle zone meno accoglienti degli Stati Uniti. Per la regia di Peter Farrelly e con la sceneggiatura in collaborazione con Nick Vallelonga (figlio del protagonista), “Green Book” si propone proprio come tributo alla memoria di Tony Vallelonga, mettendo abilmente in scena il formarsi di un profondo legame di amicizia tra i due protagonisti della storia. Il cast comprende la vera famiglia di Tony, un buon modo per fare omaggio a un uomo ricordato con molto affetto.

Tony, detto Tony Lip per via della sua abilità oratoria, introduce fin da subito lo spettatore nella New York degli anni Sessanta, dimostrandosi un personaggio tanto ricco di pregiudizi quanto scaltro nel destreggiarsi nella vita di tutti i giorni. Quando rimane senza lavoro, gli viene chiesto di fare da autista a un certo Dr. Shirley, che presto scopre essere in realtà un musicista. Stretto l’accordo, i due partono assieme ad altri due musicisti, che insieme a Don Shirley formato appunto il Trio Shirley. Da qui in poi la trama sviluppa la relazione che si viene a formare tra i due protagonisti, mostrando i cambiamenti a cui entrambi a poco a poco vanno incontro.

Come si viveva il razzismo nell’America degli anni Sessanta? Questa è la domanda a cui risponde principalmente il film, ma al suo interno c’è molto di più. La solitudine, la possibilità di miglioramento personale e la sofferenza derivante dalla non appartenenza sono solo alcuni temi altrettanto importanti che emergono durante il racconto. «Il mondo è pieno di persone sole che hanno paura di fare il primo passo», dice Tony a un certo punto, sottolineando l’importanza del saper mantenere una relazione, andando incontro all’altro quando serve. Dal canto suo Don propone un altro insegnamento, attraverso le parole di un suo collega: «Non basta talento, ci vuole coraggio per cambiare i cuori della gente». Il rapporto di correzione reciproca porta i protagonisti a diventare più felici e mostra anche allo spettatore due vie per migliorare sé stessi: l’abbattimento dell’ignoranza e dei pregiudizi da un lato, lo sforzo di cercare la relazione col prossimo dall’altro. A volte capita di soffrire perché manca la sensazione di appartenenza, ma andare incontro al prossimo permette spesso di avere risposte positive anche inaspettate.

(D.L.)

 

Responsabile Comunicazione Eugenio Andreatta tel. 329 9540695 eugenio.andreatta@meetingrimini.org

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