Don Mario Persano, parroco di San Nicola a Carbonara a Bari, e don Claudio Burgio, cappellano del carcere minorile Beccaria di Milano e presidente dell’Associazione Kayros, davvero hanno il coraggio di cui parla il Papa nel messaggio al Meeting. Loro con gli ultimi condividono tutto, nel senso che ci vivono insieme. In poco più di un’ora, alle 15.00 nel Salone Intesa Sanpaolo B3 nell’incontro “Gli ultimi saranno i primi”, hanno raccontato la loro esperienza rispondendo a tre domande poste all’inizio: chi sono gli ultimi che incontrate? che esperienza fate con loro? perché sono un bene per voi?
Insegnante e cappellano dell’ospedale oncologico, don Mario ha festeggiato i suoi trent’anni da parroco in una mensa per i bisognosi da lui fondata 15 anni fa e che in poco tempo serviva 150 pasti. Ma non solo questo: segue la distribuzione di viveri per 400 famiglie, l’ambulatorio medico, l’aiuto allo studio e il gioco con i bambini della parrocchia, l’associazione di volontariato Opera San Nicola Onlus con l’affidamento in prova di chi è stato condannato ad una pena definitiva, il sostegno alla preparazione ai concorsi pubblici con l’aiuto gratuito di tre generali in pensione, le esperienze di formazione. Ma “non si può dare un pranzo senza incrociare lo sguardo, senza ascoltare e senza abbracciare: è sempre una sfida alla mia vita e alla mia vocazione”. Ed eccolo descrivere il suo farsi compagno di chi vive la sofferenza nell’ospedale oncologico, oppure diventare padre e fratello dei suoi studenti, imparando da loro come affrontare la giornata, riconoscendosi lui stesso bisognoso.
“L’incontro con gli ultimi è stato per me una forza travolgente, sconvolgente”. Cosi ha aperto il suo intervento il cappellano del Beccaria, che nel 2000 ha fondato l’Associazione Kayros, comunità di accoglienza per oltre cinquanta ragazzi. “Farsi ultimo – ha proseguito don Claudio – significa spogliarsi delle proprie sicurezze e guardarsi in faccia”. Non bisogna considerare l’altro come un ostacolo, ma come una risorsa: “Tu sei un bene originale, anche una storia sbagliata è sempre una storia di salvezza”.
L’educazione dei giovani, ricorda il relatore, è una sfida che esige la pazienza dell’attesa, preziosa per il cambiamento che si genera nel tempo. Si cade in errore se si pensa di educare esercitando un potere. Ognuno di noi ha in sé un bene originale. “Abbiamo deformato la Bibbia – spiega don Claudio – la prima parola che Dio rivolge all’uomo è ‘Tu potrai’ e non, come afferma il serpente, ‘Non dovete’”. La nostra educazione, aggiunge, è impostata sul “tu potrai” o sul “non dovete”? E dei suoi ragazzi dice: “Mi aiutano a capire che la fede non è mai un punto di arrivo, ma di ripartenza e che la vita è davvero un ‘Vieni e vedi’”.
“So che spesso molte cose che nella Sacra Scrittura da solo non riuscivo a comprendere, le ho capite quando mi sono trovato in mezzo a voi, fratelli”. È don Claudio a citare questa frase di Gregorio Magno. Ma è soprattutto il racconto dell’umanità semplice e travolgente di questi due preti con l’odore delle pecore, a mostrare dal vivo che, come ha detto sempre don Claudio, “ultimi, bisogno e misericordia non sono slogan e categorie astratte, abili espedienti per eludere la verità di una provocazione”. Così è accaduto a loro, conclude la coordinatrice dell’incontro Monica Poletto, presidente Compagnia delle Opere Sociali, “di vivere tutto lo sconvolgimento che avviene quando ci si implica quel che accade: un nuovo inizio e una riscoperta della propria umanità”.