Rimini, 22 agosto 2015 – Alle 15. 00 nella Sala Poste Italiane C2 il dialogo inframezzato dalle musiche di verdi, riunite sotto il titolo “Giuseppe Verdi: religione e fede” hanno catturato l’interesse del pubblico che gremiva la sala designata all’incontro al punto di rendere necessario il collegamento video con la vicina sala C3.
Hanno preso parte all’incontro Egidio Bandini, giornalista e presidente Club dei Ventitré, don Adriano Contestabili, amministratore parrocchiale a Roncole Verdi; il fisarmonicista Corrado Medioli, con l’introduzione di Michele Brambilla, vice direttore de La Stampa. È l’occasione per raccontare un Verdi inedito, per cui rimase sempre fondamentale, ha sottolineato Brambilla, il legame con propria terra, al punto di ripetere sovente: “sempre sono e rimarrò un paesano delle Roncole”.
Fu nel Santuario del Sacro Nome di Maria a Madonna dei Prati di Busseto, meta dei devoti all’immagine miracolosa della Vergine, ha sottolineato don Contestabili, che il piccolo Verdi cercò, sui pochi tasti del “pianino” che don Costa teneva al primo piano della canonica, le sue primissime melodie. Una Messa che dodicenne eseguì in pubblico fu la sua prima composizione. “Verdi ha avuto fama di anticlericale e anticristiano, ma non di ateo, che non è la stessa cosa. Sono un appassionato di Verdi dall’età di otto anni. Perché? Perché l’amore è segno di un rapporto a due, così come con Cristo, e io amo la musica e l’opera di Verdi perché mi sento amato da lui, perché ha cantato tutti i sentimenti dell’umanità, la sua gioia, i suoi dolori che furono tanti, le sue difficoltà nel campo della fede. Ma fu sempre devotissimo alla figura di Maria. Nel racconto che fece di come gli venne l’idea del ‘Va pensiero’, ed era un uomo distrutto dalla perdita repentina della prima moglie e dei due figli, dice che in quel momento stava leggendo la Bibbia. Chi ha questi sentimenti nell’animo non può passare per ateo”.
Bandini ha ricordato un aspetto importante dell’intima religiosità verdiana, la generosità costante nel creare a sue spese varie opere di carità, fornendo sempre le risorse a loro necessarie: l’ospedale di Villanova d’Arda, un asilo, una scuola elementare e soprattutto la Casa di riposo per musicisti di Milano, che definì “la sua opera più grande”. “Ragionando del rapporto di Verdi con la fede e la religione – ha aggiunto – si arriva a comprendere come per il Maestro si sia trattato davvero di una “mancanza di cui aveva pieno il cuore”, e a spiegarcelo nella maniera migliore è proprio egli stesso, attraverso il suo coro più famoso “Va pensiero”, dove canta il dolore del distacco, il desiderio del ritorno, la ricerca di ciò che si sente mancare. Ma divenuto consapevole che i suoi cari non li avrebbe avuti mai più, capisce che potrà colmare questo immensa mancanza attraverso la consolazione della fede, l’abbandono alla Provvidenza, la grazia di Dio”.
(M.T.)