Giovanni Paolo II. Una presenza.

Press Meeting

Il professor Mario Agnes, direttore dell’Osservatore Romano, ha fatto un grande regalo al Meeting: un ritratto di Giovanni Paolo II, insolito rispetto agli schemi usuali. Un racconto per immagini, più che una relazione, un ripescare e collegare i ricordi della memoria invece che tentare un’ardua sintesi di pensiero. Insomma, un lavoro più da giornalista che da teologo. E l’Auditorium ha apprezzato e si è commosso, insieme a lui e a Carron che lo aveva presentato. Gli applausi finali, dedicati ai 2 relatori, sono stati lunghi e sono cresciuti di intensità quando Agnes, indicando con un dito il cielo, li ha dedicati a Giovanni Paolo II, “a questo gigante della storia che, come un bambino – ha detto – si è lasciato rotolare nelle mani di Dio”. Agnes ha esordito dicendo di parlare a degli amici e di considerare tale anche Carron, pur avendolo conosciuto solo qualche minuto prima, “perché con certe persone si diventa amici subito”. Il suo intervento ha preso le mosse dall’attentato nel maggio del 1981, “vero e proprio martirio” lo ha chiamato, un avvenimento che impressionò fortemente il direttore del giornale vaticano, il quale vorrebbe che i sampietrini su cui caddero le gocce di sangue del Papa fossero conservati come un documento storico. “L’attentato ha cambiato fisicamente la vita di Giovanni Paolo II, non bisogna dimenticarlo – ha ammonito Agnes – Quel giorno Dio gli ha fatto capire che gli avrebbe davvero chiesto tutto. E così è stato: allo scalatore di montagne ha fiaccato il vigore fisico, al grande comunicatore ha negato la voce. Ma fino all’ultimo gli ha concesso la sicurezza di essere guida, pastore del suo gregge, di essere una presenza inequivocabile e netta”. “Tutto questo l’ho letto nei suoi occhi spalancati, quel 2 aprile, quando gli ho baciato la mano che mi aveva benedetto per l’ultima volta”.
Agnes ha illuminato l’umanità di Giovanni Paolo II e i contenuti dei suoi “26 anni storici di pontificato” con bellissimi flash back. Come il colloquio con la Madonna di Czestocowa. Lui, Agnes, era lì che sfiorava il Papa, nella cappella di Jasna Gora. “La sua preghiera era un dialogo con la Vergine, con sua Madre. Mormorava a fior di labbra le sue parole in polacco”. O quando, recitando il rosario da un terrazzo dei palazzi vaticani, indicò al suo direttore la sua abitazione: “Ecco, là in quel palazzo c’è anche la sua casa, professore. Vede, conosco Roma meglio di lei”. E quell’Angelus, letto da altri, alla finestra del Gemelli, con il Papa che non potendo dire quello che voleva, si indicò la gola quasi a chiedere scusa. Poi Agnes torna indietro di 12 anni, in Lituania, quando Giovanni Paolo II salì la Collina delle croci. Il ricordo diventa un’immagine biblica, quasi apocalittica. “Dietro al Papa salivano con lui non solo la gente del posto ma tutti i crocifissi del mondo e della storia, saliva la Chiesa del silenzio, che ancora oggi cerca di convincere tutti a vincere la paura di parlare e anche quei violenti ateocratici, ormai sconfitti dall’audacia del successore di Pietro e da quei senza nome che furono le loro vittime”. Secondo Agnes, Giovanni Paolo II, con la sua fedeltà alla Verità senza, compromissioni e cedimenti, ha testimoniato 3 cose: la grande verità di Dio sull’uomo, il tenero vangelo della vita, lo stupendo progetto creativo di Dio su ciascuno di noi.
Carron, in apertura, aveva ricordato come, fin dal giorno dell’elezione, don Giussani avesse indicato nel Papa il grande uomo in cui seguire Cristo (“cioè servirlo”), tanto da prendere la sua prima enciclica, la “Redemptor Hominis”, come testo per la catechesi annuale del movimento di Comunione e Liberazione. Una stima ricambiata, visto che il Papa, 20 anni dopo aver riconosciuto la Fraternità di Cl, ebbe a scrivere che lui, don Giussani aveva indicato “non una strada, ma la strada per arrivare alla soluzione del dramma esistenziale dell’uomo; e la strada, quante volte Ella lo ha affermato, è Cristo”.
“Ora i nostri 2 carissimi amici si sono ritrovati per una fraternità che ha come orizzonte l’eternità – ha detto Carron – don Giussani che ci ha comunicato Cristo nella speranza della vita e Giovanni Paolo II che ha sostenuto la nostra fede nella fedeltà al mistero dell’incarnazione che continua nella Chiesa. Possano dal cielo ottenere per noi, che rimaniamo, la stessa febbre di vita che li ha infiammati così che siamo meno indegni della loro eredità”.
Carron ha concluso ricordando che la storia della Chiesa è storia di giganti, come Giovanni Paolo II, stupore della storia, reso tale “dall’audacia con cui si è lasciato trascinare dalla bellezza della verità di Cristo”. E la grandezza di questi giganti è a portata di mano di ognuno, basta essere bambini”
D.B.

Rimini, 25 agosto 2005