Dare opportunità di lavoro ai giovani, far rifiorire la formazione professionale, restituire slancio e speranza alle nuove generazioni. Il tema è importante, come i relatori intervenuti all’incontro delle 11.15, “Giovani e occupazione: quali prospettive?”, nella sala D3 del Meeting.
Un’analisi molto approfondita dell’argomento è illustrata, con l’aiuto di numerose slide, da Alessandro Rosina, docente di demografia all’Università Cattolica e curatore del “Rapporto giovani” dell’Istituto Toniolo. “In Italia si parla molto di giovani – esordisce Rosina – ma senza conoscerli realmente. Il ‘Rapporto giovani’ ha voluto colmare proprio questa lacuna con la più grande indagine italiana che dà voce ai giovani e guarda i problemi dalla loro prospettiva. Dal rapporto – sintetizza il docente – si evincono molti dati che ribaltano numerosi luoghi comuni. I giovani non sono passivi ma intraprendenti, sono desiderosi di una maggiore autonomia economica rispetto alla famiglia d’origine, sanno adattarsi a lavori che differiscono dal proprio percorso di studi, e non sono spaventati da un lavoro di tipo manuale. Ciò che temono è la precarietà, unita allo sfruttamento e ad un lavoro sottopagato”.
Si parla dei NEET [Not (Engaged) in Education, Employment or Training], ossia i giovani che non lavorano e neanche studiano. Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la sussidiarietà, avverte che “nel nostro paese hanno ormai toccato quota due milioni e 200mila unità e non si può pensare che la situazione migliori senza un qualche intervento”. Presente all’incontro anche Daniele Nembrini, presidente della fondazione Ikaros, che ha insistito sulla necessità di investire nella formazione professionale, frutto della sua esperienza personale ed imprenditoriale. “Ciò che serve oggi – ha affermato Nembrini – sono figure utili alle aziende. Se è vero che la sfida è educativa, essa consiste principalmente nel ridestare la persona. Serve un approccio conoscitivo. Si impara facendo”.
Pierino Persico, presidente della Persico spa, è molto diretto. “Oggi ai giovani manca l’etica del lavoro. Manca scoprire il bello del fare, il bello del lavoro”. Per risolvere la situazione “prima di dare la colpa al governo, guardiamo alle nostre responsabilità verso i ragazzi”. Occorre conciliare “il diritto allo studio con il diritto al lavoro”, sottolinea Valentina Aprea, assessore all’istruzione, formazione e lavoro della Regione Lombardia. Non a caso, grazie allo slogan “studiare in azienda, trovare lavoro a scuola”, ideato per la campagna di avviamento al lavoro della Regione Lombardia, “nel solo mese di luglio, sono stati immessi nel mercato del lavoro 9827 giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni”.
(D.S.)