GENETICA E NATURA UMANA NELLO SGUARDO DI JÉRÔME LEJEUNE

Press Meeting

In una affollatissima sala A3, a testimoniare la predilezione dei visitatori del Meeting per la figura del medico francese, è stata presentata la mostra allestita nella sala A1 e-on sul tema “Genetica e natura umana nello sguardo di Jérôme Lejeune”. Coordinato da Marco Bregni, presidente dell’associazione Medicina e Persona, l’incontro ha ospitato Jean-Marie Le Méné, presidente della Fondation Jérôme Lejeune e la signora Birthe Bringsted Lejeune, moglie del medico e vicepresidente della Fondazione oltre che Carlo Soave, curatore della mostra e docente di Fisiologia vegetale all’Università di Milano.
Borghi ricorda la figura di Lejeune anche con un breve video in cui il medico francese afferma “Ci rimane solo la saggezza eterna, quella che gli uomini non hanno inventato: ‘ciò che avrete fatto al più piccolo dei miei, l’avrete fatto a me’” e cita il suo lavoro che, con tecniche citogenetiche innovative, lo portò a scoprire la base genetica (la trisomia 21) della sindrome di Down. “Avrebbe dovuto conquistare la notorietà internazionale – prosegue Borghi – ma fu isolato dalla comunità scientifica per la sua posizione personale a favore della vita”.
Negli ultimi anni, afferma madame Lejeune “sono successe tante cose per cui è necessario difendere dei valori” e affida a Le Méné il compito di ricordarli. In primo luogo l’incontro con Giovanni Paolo II e la frase chiave della sua posizione culturale: “Mentre scopriamo nuove cose sulla vita, perdiamo la saggezza e sappiamo meno cose sui viventi”. Le Méné ricorda poi due fatti di attualità: l’accusa di blasfemia per una giovane pakistana affetta da trisomia 21 e il nuovo test rapido per diagnosticare l’anomalia genetica, sottolineando che il test non aggiunge nulla di nuovo dal punto di vista medico ma che aumenterebbe ancora l’enorme numero del 95 per cento che caratterizza la percentuale di persone abortite tra quelle affette da trisomia 21. Pare infatti, a suo giudizio, che nel mondo la strategia per risolvere il problema sia arrivare a una quota del cento per cento di aborti. E cita anche il caso, attualmente presso la Corte europea dei diritti umani, di una madre che lamenta il danno di non aver potuto effettuare lo screening genetico, paventando una sentenza con lineamenti eugenetici da imporre ai paesi europei.
“Non è vero – ribadisce Le Méné – che non si può fare nulla per chi è affetto da trisomia 21” e ricorda che Lejeune si battè con ogni mezzo per curare la malattia. Oggi per i vari handicap che si aggiungono alla sindrome di Down esistono numerosi ed efficaci rimedi e si aprono nuovi filoni di ricerca. Su questo tema si inserisce Soave chiedendosi “da dove nasce l’ottimismo del ricercatore” e notando che “il ricercatore e la realtà sono fatti per la stessa musica. Se facciamo domande, è perché abbiamo la possibilità di capire”. Lejeune stesso era in questa posizione, ed inoltre riteneva che “un genetista non può essere irresponsabile rispetto alla risposta trovata”.
Che deve fare dunque il medico? L’embrione è un ammasso di cellule o un essere umano? Per Soave, non solo è un essere umano, come ogni scienziato sa benissimo, “ma è di più: è una persona, creata a immagine e somiglianza di Dio e quindi appartenente ad un livello della realtà. La coscienza, che vuole dare del tu al Creatore”. In risposta ad alcune domande del pubblico, Le Méné esprime un giudizio sintetico: “Quando la natura condanna, il compito della medicina non è eseguire la condanna, ma commutare la pena”

(Ant.C.)
Rimini, 22 agosto 2012

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