Fully Alive, domande e sfide alla ricerca dell’amore di Dio in ciascuno di noi

Press Meeting

Rimini, 23 agosto 2015 – Nessuno si aspettava quello che sarebbe accaduto questo pomeriggio alle ore 15.00 in sala B3, quando Letizia Bardazzi, presidente dell’Associazione italiana centri culturali, ha presentato i suoi ospiti: suor Maria Angela Bertelli, missionaria saveriana in Thailandia e Timothy Shriver, Chairman degli Special Olympics: “Abbiamo con noi due testimoni che vengono da lontano e ci racconteranno del valore della fragilità e della debolezza come opportunità: un trampolino per progredire nella conoscenza della propria umanità e di quella dell’altro”.
Suor Maria Angela è fondatrice di una casa di accoglienza per bambini disabili, orfani e rifiutati: la casa degli Angeli. È autrice dell’omonimo libro edito da Itaca (disponibile nella libreria del Meeting in pad A3). La religiosa inizia l’intervento spiegando il motivo della sua partecipazione al Meeting: “Il libro è nato perché non potevo più tacere le cose belle che vedevo, ciò che mi donava Dio ogni giorno. Ospitiamo 15 bambini, la metà di questi sono stati abbandonati. Gli altri hanno le mamme. La nostra esperienza per la cultura thailandese è un fenomeno quasi unico”.
Maria Angela continua spiegando alla platea alcuni elementi della religione buddhista dove non è contemplata affatto l’idea di Dio: “Nel buddhismo Therawada l’uomo si salva da sé: ciascuno è il suo proprio rifugio. Non c’è dunque preghiera-dialogo con l’Essere.” Suor Maria Angela spiega come ciò determini, nelle persone maggiormente sofferenti e non efficienti, la consapevolezza di un’impossibilità di riscatto e un conseguente ritiro dal mondo, una mancanza di rapporti veri, un disimpegno verso la comunità. Una chiusura che cerca un benessere individuale a propria misura.
“Di fronte a ciò” continua suor Angela “io, che non avevo in mente di fondare nulla, ho iniziato a vivere la bellezza della notizia del cristianesimo, perché noi veniamo da una grazia enorme: chi ha conosciuto Cristo ha conosciuto l’amore vero, la gratuità. In Thailandia non esiste neanche come parola, gratuità. Occorre formare una frase per spiegarne il concetto”. Maria Angela racconta ciò che vive con le sue mamme: “Dico loro sempre: io non vi chiedo di cambiare religione, vi do un’alternativa a vivere i momenti duri. Gli parlo di Gesù e di Dio Padre. Queste mamme possono vedere così che si può voler bene ai loro bimbi. Cominciano a sperimentare qualcosa di diverso”. Quelle donne fanno velocemente il paragone accorgendosi della novità introdotta dalla concezione cristiana. Alcune di esse chiedono il battesimo. Suor Angela conclude: “Dio ha un metodo che non può essere invenzione dell’uomo. Un Dio che si fa povero e debole è inimmaginabile! Ancora oggi si ripresenta così: nelle periferie. Così che io posso dire alle mie mamme che il loro bambino da maledizione è diventato una grazia. E proprio lui le ha portate per mano verso Gesù, che vive su di sé la ‘punizione di Dio’, la porta con sé. Questa realtà c’è e la dobbiamo solo riconoscere. Qui come in Thailandia.”
Shriver invece è un imprenditore ed educatore. Il nipote di John e Robert Kennedy ha accolto l’invito di partecipare al Meeting 2015 dopo aver partecipato al New York Encounter 2015, stupito dal clima singolare creato dall’evento. Special Olympics è stata creata quasi mezzo secolo fa dalla madre di Tim, Eunice Kennedy, sorella maggiore del presidente ucciso a Dallas e del senatore assassinato a Los Angeles. Si era ritrovata a fare i conti con il declino della madre, Rose Kennedy. Da quell’esperienza personale aveva maturato un’attenzione speciale per le persone svantaggiate sul piano psichico, intellettivo. E aveva individuato nello sport un percorso originale, una breccia in quello che – anche oggi – è spesso un muro di indifferenza, di discriminazione, di timore oscuro.
Tim spiega che “Special Olympics non sono para-olimpiadi ma olimpiadi speciali. Un momento speciale per persone diverse. Il 2 per cento della popolazione mondiale soffre di disabilità intellettive”. Timothy aiuta nell’immedesimazione anzitutto usando le parole: “Disabile è una parola che caratterizza solo una parte della loro umanità e li definisce in modo negativo. La disabilità è un’invenzione della società, non è una condizione. Quindi dobbiamo chiederci: chi siamo?”
Successivamente Shriver offre a tutta la platea una simulazione. Invita tutti ad immaginare di essere spettatori di una gara. Alla linea di partenza c’è un ragazzo disabile che ha proprio il nostro nome. Ciascuno di noi dovrà fare il tifo gridando il proprio nome. Al via l’auditorium si riempie di grida incitanti, di applausi e urla. Ciascuno grida il proprio nome e fa il tifo idealmente per la debolezza che c’è in sé, per ciò che di noi stessi rifiutiamo, tutto proiettato sul corridore immaginario. L’effetto è coinvolgente. Timothy riprende la parola: “Abbiamo scelto tutti insieme di rifiutare queste persone. Abbiamo creato l’illusione dell’indipendenza. Un bambino disabile è un problema per la nostra indipendenza, ma se la Chiesa deve essere un ospedale da campo chi sono le persone da curare in questa guerra?” E ricorrendo a San Paolo offre un’altra immagine pregnante: “Questa debolezza che noi rifiutiamo è in qualche modo una forza perché noi possiamo essere completi solo se apriamo la porta dell’inclusione”. Una porta spalancata per moltissimi, oltretutto. I bambini che partecipano agli Special Olympics vengono da 170 paesi, sono quattro milioni di atleti che disputano 70mila gare.
“Occorre lasciare andare la nostra vulnerabilità, la paura della vulnerabilità – conclude Shriver – possiamo non averne paura perché partecipiamo a Cristo e sappiamo che sia nella bellezza che nella debolezza c’è la presenza di Dio”. Per sottolinearlo Tim sulle note di Instant Karma di Jonh Lennon fa salire sul palco due giovani atleti degli Special Olympics. Tutta la platea applaude e balla. C’è gioia, non si ha paura della differenza.

(M.G.D’A.)

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