“Non dobbiamo aver paura di confrontarci tra posizioni diverse, sempre nel rispetto della persona. Ma non dobbiamo neppure temere, quando siamo d’accordo, di dirlo apertamente”. La battuta di Vannino Chiti, ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, sintetizza bene il clima nel quale si è svolto in auditorium D5 il primo grande incontro politico del Meeting, dedicato al tema “Riforme istituzionali e sussidiarietà: per quale destino, per quale verità”.
E a proposito di politica, Giorgio Vittadini, coordinatore dell’incontro, mette i puntini sulle “i” fin dalle prime battute, precisando, a beneficio di chi dice che questo è un Meeting poco politico, che “se la politica sono le dichiarazioni di un leader in costume da bagno, questo non ci interessa”. Interessano invece, eccome, i contenuti. E da questo punto di vista l’incontro pomeridiano che vedeva protagonista oltre a Chiti il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni non ha deluso. Confronto a viso aperto, senza nascondere le diversità ma con più punti in comune di quanto si potrebbe pensare.
Dopo l’introduzione di Vittadini – cinque punti in tema di tasse, federalismo, sussidiarietà, riforma elettorale e bipolarismo mite (pubblicati integralmente in apertura di homepage del sito www.meetingrimini.org) – si è passati al confronto sulle riforme. Come farle, con quali grandi temi, quale il sistema elettorale migliore e le urgenze dietro l’angolo: queste le prime domande poste ai relatori.
“Considerando l’attuale disgusto della gente per la politica, lo scopo delle riforme non può essere unicamente far funzionare meglio lo stato”, ha esordito Formigoni, “ma restituire potere e libertà al popolo”. Il che implica, secondo il presidente della Lombardia, la ricerca di un lavoro parlamentare condiviso tra schieramenti, nel quadro di accordi chiari tra maggioranza e opposizione (“non inciuci”). “Alcune riforme vanno fatte per via costituzionale”, è il parere di Formigoni, “ad esempio occorre distinguere tra una camera con funzioni politiche e un senato federale”. Per via ordinaria invece si possono fare riforme importanti come le liberalizzazioni, la riforma della giustizia e quella che il presidente della Lombardia ha definito “la riforma del XXI secolo”, riguardante la scuola e l’università. E quale il migliore sistema elettorale? Formigoni è favorevole all’elezione diretta del Presidente del Consiglio e a un sistema che preveda il voto di preferenza alla persona e non liste bloccate come oggi. “Il mio favore”, ha detto Formigoni, “va al sistema spagnolo”.
Il cuore di Chiti invece batte per un modello francese a doppio turno con indicazione delle alleanze dopo il primo turno. Ma a parte queste finezze di tecnica elettorale, la concordanza con Formigoni riguarda vari punti, tra cui la ricerca di larghe intese (“sul modello di quanto avvenuto nel dopoguerra”, è il riferimento storico) e la ricerca del bene comune, un termine di cui, specifica, non bisogna vergognarsi. “C’è un eccesso di contrapposizione”, lamenta il ministro, “e in questo senso potrebbe essere utile ricordare come nacque la Costituzione, visto che l’anno prossimo celebriamo i sessant’anni dell’entrata in vigore”. Quanto alle preferenze, tema su cui si dichiara personalmente favorevole, l’ex presidente della regione Toscana è scettico: “I gruppi parlamentari non le vogliono”. Un’alternativa potrebbero però essere delle primarie istituite per legge.
Vittadini incalza in tema di federalismo e sussidiarietà e Formigoni coglie la palla al balzo. “In quali settori occorre più sussidiarietà? In tutti”. E giù applausi. Ma l’entusiasmo del pubblico riminese (che pure ha applaudito a più riprese anche il ministro) tocca l’apice quando si ricorda che “i nuovi poveri oggi sono le famiglie, soprattutto numerose, mentre le famiglie sono i veri soggetti dell’educazione, della competitività e dello sviluppo: devono avere libertà di scelta”. Tra i modelli ispiratori del leader lombardo c’è anche Tony Blair e il suo welfare delle responsabilità. “Se il nuovo partito democratico lo farà proprio, diverrà un interlocutore interessante, altrimenti andrà a ramengo da solo”.
Anche il ministro per le riforme istituzionali non si sottrae a una punta polemica quando ricorda che la competizione su chi sia più statalista tra centrodestra e centrosinistra è pienamente aperta. “In cinque anni del precedente governo si è fatto ben poco”. In positivo, propone di ripartire dal titolo V della Costituzione. “Sono due i progetti di legge in merito: il nuovo codice delle autonomie locali e il federalismo fiscale”. In tema di sussidiarietà propone di superare due pregiudizi: quello secondo cui lo Stato è tutto (applausi) ma anche quello per cui lo Stato è male. “È una strada da costruire, nessuno ha ricette pronte”, dichiara. E lancia un preciso invito a Vittadini: “La vostra idea di ‘quasi mercato’ mi interessa, eccome: ragioniamone senza pregiudizi e risposte preconfezionate”. La risposta non tarda a venire: “La politica non è una ricetta pronta, ma una forma di carità, è mettere il proprio tentativo a servizio del bene comune”. Messaggio ricevuto, parliamone.
E.A.
Rimini, 20 agosto 2007