Formazione, apprendistato e flexicurity: la via italiana per sostenere lo sviluppo e l’occupazione

Press Meeting

Rimini, 26 agosto 2015 – La realtà si può trasformare ma per farlo occorrono competenze ed educazione. Il richiamo ad un senso di responsabilità comune è la base da cui partire per creare lavoro e una società migliore. È il messaggio da cui ha preso le mosse l’incontro delle 15 in sala Neri, a cui ha partecipato il ministro del Lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti. Gli interventi sono stati aperti da Dario Odifreddi, presidente Piazza dei mestieri, realtà formativa nazionale nata a Torino da dieci anni.
Paola Vacchina presidente di Enaip (ente nazionale Acli per l’istruzione professionale) è partita da due domande: “Come ha fatto questo paese a dimenticare il lavoro manuale, a scindere la scuola e la formazione dal lavoro? Come facciamo a non distinguere la buona formazione dai corsi fantasma?” La risposta della presidente Enaip sta nel sistema, ancora poco conosciuto, degli Ifp, istituti di istruzione e formazione professionale, che si articola in percorsi di durata triennale e quadriennale per il conseguimento di qualifiche e diplomi professionali riconosciuti in Italia e negli stati Ue. “Ci sono 22 scuole nel nostro paese con questa impostazione – spiega Vacchina – diffuse soprattutto al nord che hanno contribuito all’inclusione sociale e ad una drastica riduzione della dispersione sociale: il 67-70 per cento dei ragazzi (cita il caso della Lombardia) hanno trovato lavoro in tre anni dalla qualifica”.
Gigi Petteni, segretario confederale della Cisl, è lapidario: “La migliore tutela per il lavoratore non è la cancellazione dell’articolo 18 ma la formazione, uno strumento che accresce la competitività delle imprese e appaga il lavoratore inserendolo più efficacemente nella mansione e nel rapporto con i colleghi”. Insistendo sulla formazione il sindacalista sottolinea la necessità di agevolare le imprese che la attuano riducendo il costo orario e introducendo il criterio di premialità.
Sul concetto di flexicurity (cioè flessibilità e sicurezza) l’ad Gi Group e vice presidente di Assolavoro, Stefano Colli-Lanzi, sostiene che “sono due elementi imprescindibili alla base del gruppo aziendale per generare un’economia moderna e dinamica. Quindi lavoro per tutti ma anche dignità e rispetto della legalità per tutti”. Gi Group, presente in tutte le regioni, è un’agenzia per il lavoro, di servizi per il mercato del lavoro temporaneo, interinale a tempo indeterminato, di ricerca e selezione. “La riforma a mio avviso contiene elementi positivi per il futuro: il coraggio di avere ridotto la rigidità del lavoro a tempo indeterminato, i servizi al lavoro e alle politiche attive con il reinserimento di lavoratori che l’hanno perso; la flessibilità dei contratti, il ruolo delle agenzie e il loro contribuito alla crescita del paese”.
“Il patrimonio delle aziende non è il fatturato ma è costituito dalle risorse umane”. Questa la convinzione di Fabio Cerchiai a capo di Autostrade per l’Italia e presidente di Atlantia spa. “Riesco ad aumentare il patrimonio economico dell’azienda – prosegue Cerchiai – nella misura in cui valorizzo il personale. Essendo manager, investo nel medio-lungo periodo, nel tempo pertanto devo avere la possibilità di correggere le scelte fatte: questa è la flessibilità. A questa associo la formazione, un investimento per il futuro di tutte le aziende, chi non la fa prima o poi è destinato a chiudere”. Atlantia è un gruppo internazionale con 14mila dipendenti che opera nel settore delle infrastrutture di trasporto e reti per la mobilità. Cerchiai ne spiega la filosofia: “Ogni dipendente vive in azienda un ruolo attivo e positivo con i colleghi, con la formazione che recita un ruolo di primo piano. Noi la viviamo come un investimento, un bene comune”.
Cristina Scocchia, ad L’Oreal Italia, è a capo di un gruppo presente in Italia dal 1908 nel settore della cosmetica con oltre duemila collaboratori. Ha chiuso il 2014 con un fatturato di 1,1 miliardi di euro. Lo stabilimento di Settimo Torinese, il più grande al mondo, esporta in 38 paesi. “Lo scorso anno – dice la manager – abbiamo assunto cinquanta ragazzi in collaborazione con l’università. Abbiamo tenuto conto di fattori quali entusiasmo, lavoro in team, umiltà, multiculturalità. Con Piazza dei Mestieri siamo partner in vari progetti di elevato valore sociale”. Ne cita tre: un primo riguarda l’inserimento al lavoro, entro il 2020, di centomila giovani provenienti da situazioni di difficoltà e disagio; un secondo coinvolge ragazzi affetti da autismo; un terzo è rivolto a donne che hanno subito violenze in casa e in strada. “L’obiettivo è offrire a queste persone un’opportunità, un riscatto e la possibilità di lavorare in maniera autonoma. Alcuni risultati positivi dicono che ci stiamo riuscendo”.
Al ministro Poletti il compito di tirare le fila: “Con molta franchezza vi dico che è necessario un radicale cambiamento culturale. La legge non basta. Deve cambiare il rapporto fra lavoro e impresa e l’approccio di queste all’apprendistato. Oggi abbiamo contratti di lavoro impostati alla vecchia maniera, occorre introdurre termini come collaborazione, cooperazione, responsabilità”. Sugli strumenti come la cassa integrazione il ministro è netto: “Non possiamo continuare a dare soldi ai padri per mantenere i figli, dimenticando quest’ultimi. Negli ultimi vent’anni si è operato per mantenere un lavoro precario, le risorse di politica attiva vanno per finanziare le scuole-lavoro, l’apprendistato, i percorsi formativi”. Poletti fa appello al senso di responsabilità: “Siamo chiamati tutti a collaborare per ridurre lo spazio temporale fra scuola e mondo del lavoro, ad orientare i ragazzi nelle loro scelte, ad investire per il loro futuro e per il paese”.

(G.G. )

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