Un tentativo di esplorare questa Europa al di là delle riduzioni alle questioni degli spread, delle finanze e dei tassi d’interesse. Con questi propositi Marco Bardazzi, caporedattore centrale de La Stampa ha introdotto l’incontro sull’Europa al salone B7. Occorre – secondo il moderatore – misurarsi con parole e pensieri diversi rispetto ai cliché dominanti. Le parole con cui fare i conti sono fiducia e speranza. “Nel preambolo della costituzione europea si parlava dell’Europa come ‘spazio privilegiato della speranza umana’ – ricorda Bardazzi – non dobbiamo dimenticarci che la pace in Europa è stata nella sua storia un’eccezione e non la regola. I settnat’anni di pace che la costruzione europea ci ha consentito devono essere una memoria che ci spinge a una responsabilità presente”.
Assente per un improvviso lutto famigliare il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz, il primo relatore intervenuto è stato Luis Miguel Poiares Maduro, dell’European University Institute, che ha trattato della crisi dell’identità europea. Una crisi, ha specificato subito Maduro, che nasce da un’altra crisi: quella in cui versano le identità nazionali in quest’epoca di globalizzazione. “L’Europa – ha constatato amaramente il relatore – è stata vissuta solo per i benefici che poteva apportare a ciascuno, senza considerare i doveri che ne nascevano. Le ragioni della crisi finanziaria europea sono dovute da un lato alla mancanza di disciplina nei conti pubblici di alcuni stati e dall’altro all’abbondanza di flussi di capitale che hanno favorito un eccessivo indebitamento”. Eppure questa stessa diagnosi della crisi non è sufficiente: in realtà queste cause sono a loro volta segno di un più profondo problema democratico. “La globalizzazione ha portato ad una interdipendenza fra gli stati – ha proseguito l’analisi lo studioso – tanto che il cattivo comportamento dell’uno incide sull’altro. In Europa c’è un autorità politica troppo diffusa che fa perdere efficacia e ragioni all’azione comune”.
Il relatore infine ha indicato i punti per un percorso europeo virtuoso. “La soluzione strutturale è l’integrazione politica”, è la sua ricetta, integrazione che darebbe maggior autorità e legittimazione agli organi europei, anche con l’elezione diretta del presidente della Commissione. “Le scelte da assumere non siano obbligate dalle circostanze, ma nascano da una condivisione delle ragioni, necessarie per il futuro di ciascuna nazione e per l’Europa”. Il nostro continente – ha concluso Maduro – deve recuperare la giusta passione per ritornare ad essere se stesso.
“La crisi finanziaria ed economica europea è un misto di mancanza di coraggio e di visione e quindi è una crisi di fiducia”. Con queste parole l’eurodeputato Mario Mauro ha iniziato il suo intervento sostenendo che serve non meno Europa ma più Europa, “perché se ci fosse già stata maggiore integrazione oggi saremmo la prima potenza economica mondiale e riusciremmo a risolvere i conflitti interni con maggior velocità ed efficacia”. Con più Europa, inoltre, potremmo svolgere una politica estera comune molto efficace nella soluzione dei conflitti regionali, grazie anche ad un esercito comune. Senza innovazioni istituzionali (Stati Uniti d’Europa) non possiamo pensare di uscire bene dal tunnel di questa crisi.
“Il tempo è breve” – ha concluso l’europarlamentare – dobbiamo cogliere la drammaticità di questo momento storico per impegnarci su una visione forte di Europa ricordando sempre che ciò che ci unisce è più forte di ciò che ci divide.
Il vicepresidente della commissione europea Antonio Tajani ha esordito dicendo che “l’Europa deve lavorare per creare le migliori condizioni di vita per i suoi cinquecento milioni di cittadini”. Le nostre radici di uomini contemporanei attingono alla filosofia greca, al diritto romano e al cristianesimo. Non può andare perduta questa civiltà per semplici questioni finanziarie. Ecco cosa suggerisce Tajani: “Occorre riaprire un dibattito molto approfondito sulle diverse visioni dell’Europa, in modo che i cittadini si facciano un’idea precisa sulle ragioni dell’essere europei e non ascoltino semplicemente chi dice sì o no all’Europa in base alle convenienze del momento”. Un’azione soprattutto culturale ed educativa, dunque. “Non ci basta più un’Europa che parla solo di economia e di spread, dobbiamo riportare al centro del dibattito i valori, come motore di un Europa dei popoli e delle nazioni”. Questo riporterà a galla anche il tema, non più inteso ideologicamente, delle radici cristiane. “Sono quelle che permettono ad ogni cittadino di sentirsi a casa in qualsiasi posto d’Europa si trovi. Quando entriamo in una Chiesa lituana o portoghese ognuno di noi, credente o non credente, si sente partecipe di quella storia”.
(M.B., A.S.)
Rimini, 22 agosto 2012