ESIGENZA DI GIUSTIZIA ALLA RADICE DELLA DEMOCRAZIA

Press Meeting

Andrea Simoncini, docente di Diritto costituzionale all’Università di Firenze introduce l’incontro chiedendosi: “Siamo certi che la democrazia conquistata dal nostro Paese e dall’Occidente dopo le guerre mondiali abbia un futuro?” Ed incalza: “È definitiva?”. Con questa domanda, solo apparentemente retorica, inizia l’incontro in cui partecipano Jason Kenney, ministro federale canadese dell’immigrazione, e monsignor Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede per le Nazioni Unite a Ginevra.
“Never Again” è il motto con il quale dopo gli orrori della seconda guerra mondiale gli stati europei hanno voluto creare un sistema (quello democratico) che è sembrato il migliore disponibile, spiega Simoncini. È vero infatti che la maggioranza non ha sempre ragione, ma decidendo a priori che ci sono dei diritti sui valori di fondo, diritti non disponibili, sui quali non si vota, la democrazia, sebbene imperfetta, ha vinto. Il docente evidenzia che la situazione della democrazia è in crisi anche in Europa. “L’Economist, come ogni anno, ha pubblicato il rapporto sulla situazione della democrazia nel mondo, che registra nel 2011 un segno negativo: ‘democracy under stress’”. Il dato più rilevante di questa indagine è l’assenza in gran parte del nostro pianeta di un sistema di governo democratico, e anche dove fosse presente, viene marcato facilmente dall’etichetta di ‘imperfetto’. Anche l’Italia è stata declassata a questo ultimo raggruppamento. Mentre le nazioni emergenti, quali Cina, Russia, India e Brasile, non presentano questo genere di sistema politico. Ma allora – si chiede il docente di Diritto costituzionale – è ancora possibile la democrazia? Oggi “il sistema sembra sazio, manca di spinta ideale; la democrazia, degradata a procedura di decisione, sembra approdata ad una spiaggia deserta.” Fin dal 1964 Luigi Giussani sottolineava che “la democrazia non può essere ridotta ad ordine esteriore, a tecnica, essa risponde al desiderio dell’uomo del bello, del buono e del giusto e per questo la convivenza democratica aiuta la persona”. Poiché la democrazia è partecipazione di tutti alla res publica, essa instaura un dialogo tra gli uomini. Al suo centro infatti c’è la persona e la sua insopprimibile esigenza di giustizia, quell’anelito all’infinito che è caratteristica essenziale del cuore umano.
Jason Kenney interviene al dibattito portando uno spaccato sulla sua nazione, il Canada. “Non è solo un sistema di regole la democrazia, ma si basa sulla dignità della persona umana, che viene prima dello stato stesso”. Il ministro insiste sull’importanza del valore della persona, che solo può generare il rispetto reciproco di ogni uomo. “Nel mio Paese è più facile che siano gli immigrati, un numero sempre più importante sul territorio, ad avere a cuore la società autoctona. Senza volere invadere con la propria tradizione la popolazione ospitante, ma rispettandola”. Poi Kenney spiega che il multiculturalismo è in gran parte eredità dei coloni britannici e del loro approccio equo nei confronti di chi entrava a far parte del Commonwealth. “Nell’Europa occidentale il multiculturalismo è stato rifiutato perché è stato introdotto come uno sforzo, un relativismo culturale. Non è stata mai una componente pratica”.
Parte dalla rivoluzione francese l’arcivescovo Tomasi “Per quanto in modo violento, essa è nata dall’esigenza di giustizia, infatti si fonda sull’idea di libertà, uguaglianza e fraternità. La fraternità non può però essere intesa come raggiungimento di meri obiettivi economici. Essa dà un valore reale ad una persona perché è parte di una comunione. Per evitare che la gestione della globalizzazione diventi ambigua ed ingiusta è però necessario un orizzonte più vasto di quello della giustizia: l’amore”. C’è quindi un apporto originale del cristianesimo alla democrazia, che permette di riempire di contenuti la parola fraternità altrimenti vuota. La strada è quella del bene comune, che corrisponde alla natura del cuore umano tendente all’infinito a prescindere dalla cultura e dal colore della pelle. Su questa strada si può costruire una vera partecipazione democratica. Perché “l’autentico orizzonte ultimo della giustizia è l’amore”.

(M.L.A., D.O.)
Rimini, 23 agosto 2012

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