EDUCARE IL CUORE DELL’UOMO Una scuola che sfidi la ragione dei giovani, perché imparino a dire “io”

Press Meeting

“Se qualcuno ti ha educato, può averlo fatto solo con il suo essere, non con le sue parole”. Con la citazione di Pasolini, Alberto Savorana, portavoce di Comunione e liberazione, introduce l’incontro “Educare il cuore dell’uomo”, in sala A3 alle ore 15.00. Relatori Franco Moscone, preposito generale dell’Orine dei Chierici regolari Somaschi e Carlo Wolfsgruber, rettore della Fondazione Grossman di Milano. Rilevante l’affluenza del pubblico, che segue l’intervento anche dalla postazioni esterne predisposte, pronto a cogliere il paragone, come spiega Savorana, tra due carismi lontani nella loro genesi storica, ma entrambi geniali come esiti educativi.
“Il cuore è una ricchezza particolare perché la si può ottenere in origine solamente nella forma del dono, e la si aumenta attraverso la dinamica del regalo. Si tratta dell’unico caso in cui ciò che si regala non si perde, da parte di chi dona, ma si moltiplica, tanto per chi dà come per chi riceve”. Con queste parole padre Franco Moscone ha iniziato la sua relazione. “Ecco allora la prima singolarità della ricchezza del cuore – prosegue il religioso – proviene da un dono e vuol essere moltiplicata donando. Educare è esattamente il contrario di vendere e comprare, è un tirar fuori (l’etimo latino educere), è estrarre da una situazione complessa e complicata per essere messi sulla strada della libertà”.
E, come spesso avviene, dal temperamento di un carisma, nasce un metodo. Quello del suo fondatore San Girolamo Emiliani prevede “la precedenza del passivo” (nessuno educa se non è stato educato) e il presente dell’incarnazione: significa stare con, ossia stare con Cristo, stare con i più piccoli. Altri punti qualificanti sono la relazione educativa attenta all’altro in tutte le sue dimensioni e la compagnia come luogo educativo, “in quanto l’educazione ha bisogno di uno spazio che unisce e riscalda i cuori”. San Girolamo – ha proseguito il relatore – ha vissuto su di sé il passaggio epocale fra il medioevo e l’epoca moderna quindi un momento non semplice, di profonda crisi della società ma il suo fondarsi su Cristo gli ha permesso di sfidare il presente.
I fondamenti della sua opera sono tre: la devozione come relazione con la realtà perché ciò che educa è il reale non il sogno; il lavoro come responsabilità dell’educatore e dell’educando, favorendo la capacità di libertà del secondo e la carità come capacità di incontro con gli altri e l’Altro in un atteggiamento paziente, perché occorre dare tempo all’altro per farlo crescere, farlo venir fuori. Padre Moscone infine ha fatto un appello ai politici perché attuino l’articolo 33 della Costituzione italiana sulla libertà di educazione, visto “che siamo gli ultimi ed unici in Europa”.
L’intervento di Wolfsgruber, a detta dell’autore stesso, “vuole essere innanzitutto un contributo a identificare il cuore come funzione strategica della ragione, ciò per cui la ragione realizza il suo scopo ultimo, all’opposto di quella divaricazione tra ragione e cuore che sembra invece dominare il clima attuale”. A tal fine, il rettore non esita a descrivere ampiamente il proprio percorso esistenziale cominciato con l’incontro con don Luigi Giussani, suo insegnante di religione al liceo Berchet di Milano “percorso che, grazie a Dio, sta ancora durando”. In un contesto in cui l’uso di parole quali ragione, libertà, coscienza, cultura si davano “ovviamente in senso razionalistico, perché moderno”, don Giussani fu l’unico che “ebbe il coraggio di mettere in discussione l’inadeguatezza della definizione positivista di ragione. Non ce ne diede una sua, ma ci coinvolse nella ricerca di una definizione più adeguata, che cioè rispondesse a tutta l’esperienza dell’uomo senza rinnegare nulla”.
Wolfsgruber spiega quindi che a partire da questo metodo, don Giussani “ci ha introdotti alla grande letteratura, all’arte, alla scienza: alle discipline tutte”, sfidando i suoi alunni in questa ipotesi educativa perché lui, per primo, “voleva conoscere insieme a noi. Per questo usava la sua ragione testimoniandoci che cosa volesse dire dipendere dalla realtà in quanto oggettività non manipolabile”. L’irriducibilità di impegno di don Giussani con la realtà tutta permetteva così di far scorgere in sé esigenze, urgenze e bisogni di significato. Da questo proviene la scoperta della coincidenza tra cuore e ragione, e del significato della parola affectus: “una parola che dice qual è l’ultima frontiera del realismo: la realtà in quanto interpella l’uomo, lo cambia, lo fa diventare se stesso”. Così nasce un percorso educativo che sa parlare al cuore di ogni uomo, ma soprattutto di ogni piccolo della specie umana che “nasce inetto, incapace cioè di affrontare la realtà e di diventare se stesso”. Fattore educativo del cuore diviene così “la realtà agganciata attraverso l’esperienza”.
Quindi l’educatore è colui che innanzitutto legittima il giovane a essere suo interlocutore, in quel dialogo critico con cui egli per primo mostra il proprio cuore in azione. “Il dialogo educativo – osserva Wolfsgruber – vive di domande e di risposte che non si trovano in nessun libro; ogni volta esse sono uniche”. Avviandosi alla conclusione dell’intervento, il docente mette in guardia genitori e insegnanti dall’insistere troppo in modo astratto sulle “ragioni di ogni cosa”. “Si finisce col dare ragioni di cose evidenti, ma soprattutto col progettare un percorso di conoscenza che punta a disinnescare in anticipo l’esperienza personale come banco di prova, punta a evacuare ogni possibile novità e gusto della scoperta”. “È un tempo il nostro – è la conclusione – in cui per educare non basta affidarsi al già saputo; per aderire a questa sfida bisogna avere coraggio”.

(G.L., A.S.)
Rimini, 21 agosto 2012

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