Rimini, martedì 21 agosto – L’appuntamento delle 12.30 all’Arena Exoplanets B3 ha visto protagonisti Marco Bersanelli, professore ordinario di Fisica e Astrofisica all’Università degli Studi di Milano, e Costantino Esposito, professore ordinario di Storia della Filosofia all’Università “Aldo Moro” di Bari, che si sono confrontati con la grande domanda sull’esistenza di vita su altri pianeti.
A introdurli e a introdurre il numeroso pubblico a questa domanda è stato Stefano Facchini, ricercatore all’Istituto Max Planck di Fisica Extraterrestre a Garching: “Perché ci interessa così tanto sapere se nell’universo esistono altre forme di vita? Da quale esigenza umana nasce questa domanda? Perché avvertiamo una forma di vertigine davanti all’ipotesi di vita aliena?”
“Contrariamente a quanto pensavamo fino a una cinquantina di anni fa – ha esordito Bersanelli – ora sappiamo che il cosmo si presenta come un ambiente capace di ospitare la vita. L’osservazione in regioni molto distanti della nostra galassia di strutture prebiotiche quali basi azotate e amminoacidi, elementi costitutivi fondamentali degli esseri viventi, ci permette di affermare che in tali regioni ci siano tutte le condizioni necessarie a ospitare la vita”. “Necessarie, ma non sufficienti – smorza l’entusiasmo il ricercatore –. Ad oggi, non sappiamo identificare con precisione cosa permetta il passaggio tra non vivente e vivente. Di certo, non basta possedere le stesse caratteristiche fisiche della Terra, per fare di un pianeta un’altra Terra”.
Come stare, dunque, davanti a questi interrogativi ancora irrisolti? Per l’astrofisico “è tutta una questione di preferenza. Tale domanda è così grande che in assenza di una esperienza positiva del vivere siamo smarriti, sia che esista sia che non esista vita aliena. È solo facendo esperienza di una preferenza e accorgendosi dell’unicità della persona che si può guardare con curiosità e senza timore l’ignoto”. La persona, dunque, e la sua unicità sono il tema centrale per Bersanelli, che ha voluto affidare alle parole di don Giussani la conclusione del suo intervento: “La persona è una cosa così spettacolosa che nel suo punto inafferrabile e invisibile si specchia tutto l’universo. Pensate come sono piccolo, eppure tutte le cose mi si riverberano dentro”.
È con vivo entusiasmo che ha preso la parola Esposito: “Il tema di oggi non è solo per addetti al lavoro, ma interroga anche ciascun uomo. È una domanda affascinante, perché costringe a chiedersi cos’è la vita e chi è l’uomo. Questi non sono interrogativi astratti. Anzi: è proprio quando ci chiediamo cosa sia la vita, non in astratto ma nelle vicende quotidiane, che facciamo esperienza di essa. La curiosità è infatti la base azotata, il costituente fondamentale della coscienza”.
Il filosofo ha condotto perciò l’uditorio a interrogarsi su cosa voglia dire vivere e su chi sia l’uomo, attraverso le parole di alcuni grandi uomini di diverse epoche storiche come Pascal: “Che cos’è l’uomo nella natura? Un nulla in confronto con l’infinito, un tutto in confronto al nulla, qualcosa di mezzo tra il nulla e il tutto.” Per Esposito è proprio nel confronto con l’infinito, alzando lo sguardo verso il cielo, che l’io prende coscienza di sé: “Potremmo definire l’osservazione del cielo e lo stare davanti alle domande che esso pone come una “via cosmica” alla preferenza. Guardando lo spazio l’uomo si accorge di essere dato, di non essersi fatto da sé”.
Breve ma intenso spazio è stato lasciato alle domande della platea, che hanno permesso a Esposito di approfondire ulteriormente il tema della preferenza: “Essere preferiti non vuol dire che siamo superiori o padroni di qualcosa, ma che siamo capaci di accogliere l’altro come un dono perché consapevoli di essere noi per primi un dono. Il segno più grande che siamo preferiti è che domandiamo”.
(E.P.)