“Un mistico del ‘900 con una forza terrena”. Marco Bona Castellotti, docente di storia dell’arte moderna all’Università Cattolica Sacro Cuore di Brescia, presenta così la dimensione mistica, affascinante, ma nella stesso tempo misteriosa e diversificata, del sacerdote toscano, fondatore della Comunità dei Figli di Dio. “Lo Spirito ci introduce alla verità e senza di esso siamo estromessi dalla realtà”. Castellotti, ricordando le parole di don Divo nell’edizione del Meeting del 1989, mostra come il suo misticismo sia così concreto da entrare nel processo di conoscenza di ogni uomo, per penetrare la realtà vera delle cose. Parole care a don Giussani, che non aveva mai incontrato personalmente don Divo, ma che provava per lui una profonda stima, nata da un fede comune e condivisa.
Padre Serafino Tognetti, priore della Comunità dei Figli di Dio, con l’umiltà che contraddistingue il suo temperamento e il carisma del suo padre fondatore, ricorda don Divo come un uomo profondamente innamorato di Cristo. Otto i momenti fondamentali della sua vita, articolati in otto stanze diverse della mostra e caratterizzati da un unicum: una “unitotalità”, che racchiude e ricapitola tutto in Cristo, anche gli aspetti più comuni della quotidianità. Una mistica, che non si attarda su aspetti contemplativi astratti, ma si concentra a vivere, attraverso una continua tensione alla presenza di Cristo, un nuovo rapporto con le cose. In questa prospettiva la dimensione del monachesimo diviene universale ed accessibile a tutti: dal laicato alla consacrazione totale, in una dimensione nella quale le azioni rappresentano il frutto immediato della vita contemplativa. L’amore per il monachesimo russo, una vita penitenziale rigorosa, un’estrema povertà ed un continuo contatto con la gente divengono gli elementi costitutivi della nuova comunità, che si ispira alla tradizione patristica orientale nelle figura di san Sergio. Le numerose pubblicazioni attestano, inoltre, una sana avidità intellettuale di don Divo, animato dalla continua ricerca delle tracce della rivelazione di Dio in tutte le opere che studiava: dalla drammaticità leopardiana allo spiritualismo taoista. Nulla era tralasciato, ma tutto acquisiva un significato sempre nuovo alla luce del rapporto unico e personale di Dio con l’uomo, che si compie nel Battesimo, vive nell’Eucaristia e si alimenta nel primato della preghiera. ”Il segno diviene sempre più significante quanto più si rende, nella sua povertà, trasparente alla realtà divina”. Un video inedito, infine, riprende don Divo in alcuni momenti molto intensi e profondi della sua vita sacerdotale.
Per Sandro Magister, giornalista e scrittore, don Divo rappresenta una perla preziosa nella vicenda della Chiesa italiana del ‘900. Un uomo che ha saputo resistere alla deriva secolarista post-conciliare, mettendo l’accento sulla novità dell’affascinante verità di Cristo in piena sintonia, come precursore, con l’attuale magistero di Benedetto XVI.
Silvano Nistri, Parroco di Pieve San Martino – Sesto, richiama il salmo 62 per descrivere il carisma del suo amico “molto vicino”: “…a te anela la mia carne come terra arida senza acqua”. Questo anelito rappresenta il vero carisma della fede di don Barsotti, capace di riconoscere Cristo e di farlo amare anche alle persone che lo incontravano. Don Divo – continua Nistri – aveva il “fiuto di Dio”, arrivava a Lui senza sforzarsi, ma nello stesso tempo ha lottato e sofferto, in una Chiesa, che talvolta non era molto attenta al sua compito. Una vita vissuta come attesa della Presenza di Cristo; “il suo ideale era lo starets russo, illuminato dal paterno amore di Dio, che nelle sue mani diveniva una esperienza viva.”
N. L .
Rimini 19 Agosto 2007