La riforma disegnata dalla “Legge Moratti”, le prospettive e i problemi della formazione professionale, sono al centro della tavola rotonda moderata da Roberto Pellegatta, di Di.S.A.L. (Dirigenti scuole autonome e libere). Ha aperto gli interventi Valentina Aprea, sottosegretario al Ministero dell’Istruzione, che ha ricordato come oggi il sistema educativo sia uscito dal monopolio dello Stato per diventare patrimonio “della Repubblica”, in modo tale da permettere un reale pluralismo formativo. Il contesto europeo, delineato dai recenti incontri tra i ministri a Lisbona, Barcellona e Copenhagen, appare sempre più come il quadro di riferimento entro cui muovere le linee programmatiche del governo in termini di parametri di riferimento, ambiti di azione e conseguenti atti legislativi. La situazione nel nostro paese presenta ancora numerose zone d’ombra: la Aprea ha ricordato i dati preoccupanti sull’abbandono e la dispersione scolastica, particolarmente drammatici nelle regioni meridionali e soprattutto insulari (ad esempio, solo il 46% della popolazione lavorativa possiede un titolo di studio superiore, a fronte di medie europee ben più elevate). Il percorso legislativo degli ultimi anni segna un deciso cammino di sviluppo: tuttavia la recente disposizione sul federalismo impone una nuova ridiscussione dell’intero impianto scolastico. Il sottosegretario ha auspicato che si possa realizzare pienamente nel settore dell’educazione una sussidiarietà verticale, che coordini e assista quella orizzontale, per consentire un effettivo pluralismo istituzionale ed educativo. Decisiva in tal senso la collaborazione, peraltro già avviata, tra i dicasteri del Lavoro e dell’Istruzione.
Adriana Buffardi, coordinatrice per la scuola della Conferenza Stato-Regioni, ha espresso le sue perplessità sul progetto Moratti, che “non risolve il dilemma tra scuola d’élite e scuola di massa”; inoltre, non chiarisce in maniera esaustiva cosa si debba intendere per “secondo canale”. Ha poi indicato nell’autonomia un altro punto critico, perché rischia di compromettere l’unitarietà nazionale nell’insegnamento. Marino Bassi, della Regione Lombardia, ha precisato che non spetta a nessuna legge in sé di rispondere al bisogno educativo, che è piuttosto compito di un rapporto tra maestro e allievo. La “semplificazione” prevista dal ministro Moratti (dai quattro attuali percorsi rigidi a “due canali”) è positiva, perché permette di sviluppare un profilo educativo unico e non discriminatorio, senza mutilare la ricchezza dell’offerta, ma anzi consentendo di porre come punto di partenza la domanda di formazione. Mario Molinari, dei CFP dei Salesiani di Verona, ha delineato tre punti di attenzione in merito alla riforma: conservare, nel riordino del sistema educativo, un numero equivalente di utenti delle scuole professionali; evitare ulteriori “sottoarticolazioni” nei licei, fonte di inevitabile confusione per famiglie e studenti; scongiurare la frammentazione regionale, affidando un ruolo più pregnante alla Conferenza Stato-Regioni.
Dario Odifreddi, dirigente del Consorzio Scuola-lavoro, ha colto nel disegno di riforma un’eccessiva cautela nel favorire una indispensabile “complementarietà tra istruzione scolastica e professionale”. Il pluralismo dei soggetti educativi è vitale per una reale alternanza che demitizzi la concezione del lavoro professionale come “ultima spiaggia” per i ragazzi. Anche Grazia Fassorra, dell’Associazione Nazionale Presidi, ha lamentato una diffusa sottovalutazione della “cultura del fare”; inoltre, ha affermato che la flessibilità è condizione indispensabile per una piena applicazione della riforma. Roberto Pasolini, presidente dell’Associazione Nazionale Istituti Non Statali di Educazione e Istruzione”, si è soffermato sulla “scommessa” che costituisce il cuore della riforma Moratti: quella di far comprendere che il lavoro (e quindi la formazione professionale) “è cultura”, non rappresenta una seconda scelta o un ripiego in seguito all’insuccesso scolastico. Compito attuale dei dirigenti scolastici è anzitutto diffondere questa consapevolezza, rinunciando ad attendersi risultati immediati e a breve termine. L’ultimo intervento è stato quello di Ubaldo Grimaldi, rappresentante dell’Associazione Nazionale Dirigenti Scolastici, che ha lamentato l’assenza nella tavola rotonda di insegnanti, per poi sottolineare i numerosi problemi concreti di efficienza e modernità delle strutture scolastiche in molte aree, cui la riforma non può esimersi dal dare una risposta.
M.C.
Rimini, 28 agosto 2003