DESIDERIO, POPOLO E PARTITI

Press Meeting

Il Meeting conferma la sua vocazione ad essere anzitutto un avvenimento. Qualcosa cioè di imprevisto, e che a volte costringe anche a cambiare. Ad esempio le scalette delle presentazioni. Se n’è accorto questa mattina alle ore 11.15 in Sala Neri Andrea Simoncini. Il professore di Diritto costituzionale dell’Università di Firenze ha così introdotto l’incontro “Desiderio, Popolo e Partiti”: “Il Meeting è molto di più di quello che pianifichiamo. Nell’incontro con il presidente Napoletano è successo qualcosa di importante. Per questo vorrei ripartire dal suo intervento”. Lo studioso ha letto poi il passaggio nel quale il presidente della Repubblica indica che lo sviluppo non può essere solo quantitativo “ma contano anche gli stati soggettivi e gli aspetti qualitativi della condizione umana”.
Il problema di oggi – ha continuato Simoncini – è il riaccendersi del desiderio, perché questo è il motore dell’uomo e il fattore determinante di qualsiasi azione. Poi ha continuato leggendo i passi del discorso presidenziale nel quale Napolitano invita il popolo del Meeting a impegnarsi in politica apportandovi “le proprie motivazioni spirituali, morali, sociali, il senso del bene comune”. Quello della persona e del popolo che riprendono in mano il proprio destino (anche politico) è stato il filo sottile che ha collegato gli interventi dei tre relatori.
Alberto Martinelli, professore emerito di Scienza politica e sociologia all’Università di Milano ha precisato che nell’economia nazionale ed internazionale è necessario un equilibrio di forze fra mercato e Stato con un sistema di pesi e contrappesi. La mancanza di un governo mondiale ha fatto sì che il mercato prendesse il sopravvento e questo ha provocato la crisi mondiale a cui stiamo assistendo. Inoltre il relatore si è posto la domanda “come è possibile che società di rating private diano giudizi e valutazioni mettendo in crisi interi stati togliendo ad essi credibilità?”
Per quanto riguarda l’Italia, precisa Martinelli, assistiamo ad una crisi di rappresentanza dei partiti che (“non dimentichiamolo!”) sono strumenti indispensabili per la democrazia. Una possibile via di uscita da questa situazione è sviluppare i corpi intermedi e la capacità autonoma dei singoli e gruppi: in altre parole attivare fino in fondo il principio di sussidiarietà orizzontale e verticale.
“La crisi economico-finanziaria attuale – ha osservato Mauro Magatti, preside della facoltà di Sociologia all’Università Cattolica di Milano – chiude questi ultimi trent’anni in cui la parola desiderio è stata tradotta con godimento. Non è un caso se ci siamo indebitati tutti, famiglie e stati, per correre dietro a questo modello. Il calo del desiderio deriva dal fatto che ora siamo invecchiati, indebitati e depressi: tre aggettivi che qualificano i paesi occidentali”. Il sociologo ha suggerito di cambiare il paradigma dell’idea di libertà, ripensandola come libertà generativa, ossia un’energia che si spende per qualcosa che ha valore, perché la crescita è un impegno esistenziale concreto.
“Michael Porter, studioso americano – ha ricordato Magatti – nel libro Reinventarsi il capitalismo sostiene che la crescita dei prossimi quindici anni consisterà nel produrre valore condiviso”. Anche per questi motivi le società moderne “devono mettere al centro del loro dibattito la libertà religiosa e l’educazione che sono un patrimonio da non disperdere per credenti e non credenti”.
Massimo Borghesi, filosofo e saggista (insegna Filosofia morale a Perugia), parte con una definizione del mondo contemporaneo: “Più che un mondo che desidera, è un mondo di bisogni inappagati e frustati”. Non abbiamo il popolo, ma una società liquida, “anche la politica rappresenta se stessa e non rappresenta le realtà popolari”. “Faccio un plauso alla mostra sui 150 di sussidiarietà – ha aggiunto il docente – che mette in evidenza la vivacità delle realtà popolari cattolica e di sinistra. L’unità d’Italia le aveva emarginate ma esse poi hanno contribuito invece a realizzare sul serio l’unità sostanziale del nostro popolo”.
Quanto il calo del desiderio, “deriva dalla mutazione antropologica denunciata da Pasolini e da Del Noce che ha portato alla dissoluzione dei vecchi valori senza crearne di nuovi”. La politica, allora? “Senza inventare nuove pratiche di solidarietà, non si ricrea un popolo”, è l’indicazione di Borghesi. “Oggi abbiamo bisogno di una politica che valorizzi il positivo esistente e recuperi partendo da esso una capacità di progettualità. Occorre una politica popolare che valorizzi la dimensione religiosa che poi è la dimensione della gratuità, la sola che crea solidarietà fra gli uomini”.

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