Caffè con Nabil Al Lao, cittadino siriano
È successo nel maggio del 2015: “Sono stato invitato a Milano a sentire una conferenza sulla Siria di Andrea Avveduto e sono stato anche sollecitato a fare un intervento di cinque minuti. È stato un incontro decisivo da cui sono partiti nuovi rapporti e amicizie che mi hanno regalato uno sguardo che è diventato il mio”. Parla Nabil Al Lao, cittadino siriano che, per le vicende della guerra, è stato costretto, nel 2013, a lasciare Damasco per approdare prima a Beirut, in Libano, poi in Francia e, sempre durante il 2013, in Italia. Ha passato un anno “di solitudine, alla ricerca di me stesso, da una signora che mi ha accolto come un figlio, in un paesino presso il Lago Maggiore”. Attualmente vive a Gallarate e insegna a Milano, in ambito universitario.
Il dialogo con Nabil Al Lao, “Da Damasco all’Italia: un incontro mi ha cambiato la vita”, è iniziato alle 18.15 negli spazi attigui alla mostra sui “Migranti” (Piazza A1), moderatore Andrea Avveduto, tra i curatori dell’esposizione. Avveduto ha presentato l’ospite come “un grande uomo di lettere e di cultura” segnalando che Nabil Al Lao è stato rettore di Università a Damasco, nonché Fondatore del teatro dell’Opera della capitale siriana.
“Vari tra voi – ha proseguito il relatore – mi hanno regalato un sorriso, un posto alla loro tavola, una bellissima compagnia”. Ne sono seguiti incontri nelle scuole, partecipazione a momenti di vacanza, inviti a dibattiti e discussioni. “Alcuni sono diventati amici quotidiani. Ormai faccio parte della compagnia degli amici di Gallarate che mi hanno aperto la loro casa. Grazie a voi – continua Al Lao – cerco di imparare come posso perdonare quelli che mi hanno buttato fuori dal mio paese”. Che resta un tentativo ancora in corso.
“La nostra storia – ha detto ancora il relatore – è parte integrante della vostra storia. La via di Damasco è arrivata fino a Roma”. E ancora: “Questa Siria che vedo alla tv non è la mia Siria. Bisogna aprire dei corridoi umanitari: che almeno si possa morire con dignità”. Un riferimento al titolo del Meeting 2016: “Veramente io ho provato qui che l’altro è un bene per me”. Poi torna a parlare dell’esigenza di “imparare a perdonare coloro che hanno fatto tanto male”. Infine una dichiarazione: “Non sono cristiano, ma sono fiero di essere una parte di voi: sono ciellino”.