Non aver paura di rischiare, andando avanti e seguendo la propria passione con curiosità e voglia di imparare da chi fa meglio: alla fine troverai qualcuno che scommetterà su di te e suoi tuoi progetti.
Questo pomeriggio, nell’ambito di “Un caffè con …”, tre giovani manager e responsabili di azienda, partendo da quel che vivono e dalle scelte compiute, hanno indicato un modo creativo di stare davanti alla vita, crisi economica compresa, richiamando spesso il contenuto della mostra “Giovani per la crescita”. Non è che abbiano dato ricette, compito impossibile in una situazione complessa e mutabile come quella che stiamo attraversando, ma hanno fatto vedere che una strada c’è ed è possibile percorrerla.
Federico Pella, 35 anni, architetto, moderatore dell’incontro, è socio della Sering srl, che progetta strade, ponti, dighe e strutture di divertimento. Hanno investito dove nessuno voleva gettare un euro e realizzato per un committente un parco acquatico coperto a Monza. L’impianto ha aperto l’anno scorso, in ottobre, e dopo dieci mesi la Sering ha avuto altre dieci commesse. “Abbiamo rischiato – ha commentato Pella – e adesso abbiamo messo in piedi una rete di impresa con un’altra deina di aziende”.
Tatiana Martinucci, 31 anni, invece, ha a che fare con i dolci. La sua azienda nel Salento, la “Martinucci srl”, produce gelati e pasticceria surgelata. Cominciò suo nonno negli anni Cinquanta, usando il rame che lavorava per fare le sorbettiere. Acquistò il carrettino di un ambulante e cominciò un piccolo commercio per arrotondare. Dopo di lui, ci sono stati i figli che hanno dato vita ad imprese autonome ma che collaborano tra loro, hanno una ventina di esercizi commerciali lungo la costa del Salento e gestiscono alcune aziende produttrici. Tatiana, una laurea in economia alla Cattolica di Milano, è responsabile della finanza e dell’amministrazione di una di queste, che produce gelato industriale (il 30 per cento finisce all’estero, Russia compresa). “Ho visto mio padre innamorato del suo lavoro – ha spiegato Tatiana – e ho sempre avuto il desiderio di aiutarlo. E poi volevo tornare a casa e lavorare nella mia terra”. In azienda non si è trincerata dietro al proprio ruolo, si è interessata a come si fa il gelato e agli aspetti tecnici degli impianti. “Finché l’azienda non è diventata ‘mia’ “. È differente il modo di lavorare di chi lavora solo per lo stipendio e quello di coloro che trattano l’azienda come fosse cosa propria. “Li riconosci da come toccano le cose, da come si muovono nei capannoni e tra i macchinari” – ha spiegato Tatiana – e non puoi fare a meno di guardarli in continuazione”.
Andrea Ciliberti, 27 anni, milanese di origine e riminese di adozione, non ha un’azienda sua. Lasciato un contratto a tempo indeterminato alla Coca Cola, oggi lavora presso il Gruppo Teddy spa di Rimini, azienda leader in materia di abbigliamento (Terranova, Calliope, Rinascimento i suoi brand più conosciuti). È project manager e responsabile del progetto “Pollege”, che non è un termine inglese ma un’espressione emiliana per indicare il tipo “giusto” e “figo”. “È un progetto che avevo in mente ai tempi del liceo – ha raccontato Ciliberti – e che ho rielaborato per la Teddy, che l’ha accettato. Si tratta di una linea di magliette da ideare insieme a studenti di corsi di moda e di design”.
“Perché sono passato alla Teddy? Perché il posto da dipendente alla Coca Cola mi andava stretto – ha spiegato Ciliberti – e poi perché mi sono ritrovato appieno nella mission dell’azienda di Vittorio Tadei”. Un’azienda che afferma di voler guadagnare per fare nuovi investimenti, per creare occupazione e mettere in piedi opere sociali per i più deboli in Italia e all’estero, e che ogni cinque dipendenti cosiddetti “normali” ne assume uno con difficoltà, che gli altri aiuteranno ad inserirsi nel lavoro. “Ho capito che era il posto giusto per me – ha concluso Ciliberti – quando ho letto che, secondo la Teddy, è attraverso il lavoro che una persona acquisisce la sua dignità”
(D.B.)
Rimini, 24 agosto 2012