Raffaele Chiarulli, della Cattolica di Milano: “Il tesoro di un film? Il vero che si cela dietro una finzione”
Rimini, 18 agosto – «Oggi il contenuto è re, domina. In realtà noi abbiamo bisogno di imparare a guardare, imparare a criticare nel senso più nobile del termine, cioè di giudicare, di capire che cosa abbiamo davanti, per non essere spettatori passivi e non perdere il bello e il vero che in questa arte così contemporanea e comunicativa esiste». Claudia Munarin, studentessa di Cinema e sceneggiatrice, non ha dubbi: il cinema non richiede spettatori passivi ma persone desiderose di crescere e lasciarsi conquistare da un’arte tanto profonda quanto meravigliosa. Ne ha discusso con Raffaele Chiarulli, docente di Cinema all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, in un partecipato incontro all’Arena Internazionale A3.
Per raccontare come il cinema sia diventato per lui l’occasione di un nuovo sguardo sulla vita, Chiarulli ha ricordato come, interpellato da un ragazzino delle medie, non abbia saputo dire cos’era il bello del suo mestiere: «Questo episodio mi ha spinto a ritrovare le ragioni di ciò che stavo facendo. Il critico è un cercatore di tesori, un esploratore, e il film è la mappa per accedere al tesoro, vale a dire il vero che si cela immancabilmente dietro la finzione. Nel cinema, infatti, tutto è costruito, tutto è sintetico, oggi perfino le immagini. Per trovare il vero è perciò necessario imparare a far fatica, a non fermarsi al contenuto immediato offertoci dallo schermo, e compiere questa opera di esplorazione. Educare me stesso e i miei studenti alla visione di un film – ha proseguito – è un incredibile esercizio per educare me stesso e gli altri alla visione del mondo. Guardare un film, guardare la realtà, conoscere gli altri sono tutte modalità dello stesso esercizio».
Tre le attitudini per chiunque voglia guardare un film e la realtà con gli occhi di un critico. Come il piccolo robot protagonista del film di animazione “Wall-E”, che smaltisce i rifiuti rimasti su una Terra ormai abbandonata ma che dopo secoli ha imparato a distinguere e conservare gli oggetti che lo affascinano come una piantina, Chiarulli ha invitato ad essere curiosi. «Come dice San Paolo ai Tessalonicesi “Vagliate ogni cosa e trattenete ciò che vale”».
Anche l’attenzione è un fattore essenziale. La giovane alle prese con la scelta del suo futuro, protagonista del film “Lady Bird”, impara infatti che attenzione coincide con amore, e con attenzione e amore nello sguardo impara a conoscere meglio il mondo e se stessa, smettendo finalmente di essere sempre in conflitto con tutto e di censurarsi, scoprendo la ricchezza dentro di sé e i suoi talenti.
Infine, la gioia. In un dialogo tra Barnum, l’impresario e circense statunitense protagonista della pellicola “The Greatest Showman”, e un cupo critico che vuole minare il suo successo, emerge il problema della finzione che costituisce l’arte, il circo e anche il cinema. Nonostante le accuse del critico, Barnum evidenzia che le emozioni suscitate da quella finzione sono vere, tangibili. Se si perde la gioia nel fare il proprio lavoro, si perde l’attitudine: così ci si ritrova ad essere veramente impostori.
«Lasciatevi interpellare anche da ciò che non è mediato da uno schermo» ha detto Chiarulli, riferendosi per contrasto a Will Hunting, il giovane genio interpretato da Matt Damon nella pellicola omonima che ostenta un’incredibile conoscenza teorica ma manca di esperienza, di radicamento nella realtà, fino all’incontro con uno psicologo che fa breccia in lui.
Chiarulli aggiunge un’ultima, fondamentale attitudine: l’umiltà. «Mi colpisce la lezione di Anton Ego, critico gastronomico del capolavoro della Pixar “Ratatouille”: “Nel grande disegno delle cose l’opera più mediocre ha molta più anima del nostro giudizio che la definisce tale”. Ci può essere una superficialità con cui si guardano le cose credendo di conoscerle che ci farebbe perdere le tracce finali del vero tesoro». Grazie all’umiltà maturata col tempo e grazie ai film citati in precedenza, il docente della Cattolica ha affermato di aver riscoperto il film “Apollo 13”, che definisce «un film che risponde alla domanda: che cosa ho di più caro?». In una scena cruciale il protagonista Jim Lovell, a bordo della navicella spaziale, di fronte alla Luna, da sempre il suo desiderio più grande, sposta lo sguardo sulla Terra e capisce di voler tornare a casa. Riprendendo allora il titolo del Meeting, Chiarulli ha concluso: «Riscopriamo il nostro nome, il nostro desiderio più viscerale da ciò che fissiamo».
(C.R.)
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