Crescere, una questione di incontri

Redazione Web

Crescere, una questione di incontri

Effetto Meeting: otto famiglie invitano a cena i ragazzi di Kayròs

 

Rimini, 24 agosto 2023 – Centomila giovani fra i 18 e i 30 anni se ne stanno autoreclusi h24 nella loro stanza.  Il 12% dei ragazzi fra i 18 e i 24 anni non finisce le scuole superiori. Il 70% degli studenti della secondaria di primo grado ha gli smartphone intasati di video di stupri e filmati pedopornografici. Segue l’immenso, desolato gregge, direbbe De André, di coloro in cui aumentano, in modo patogeno, l’ansia e la preoccupazione rispetto alla loro autostima e alla loro immagine corporea: sono il 40–50% dei ragazzi sotto i sedici anni. Fare i genitori è stata sempre l’arte più difficile della storia umana, ma oggi è la prima volta che un padre e una madre si trovano a crescere dei figli che improvvisamente, via social, hanno ricevuto una proposta di vita completamente fuori dal principio di realtà. E non sanno più dove mettere le mani. Del rapporto fra adulti e giovani, delle domande di aiuto che vengono dai figli e dai genitori e delle possibili risposte si è parlato, in Auditorium isybank D3, con Claudio Burgio, cappellano del carcere minorile Beccaria di Milano e fondatore di Kayròs; Paolo Lattanzio, di Save the children, Dipartimento Coesione Territoriale e Attuazione della Strategia; Alberto Pellai, medico, psicoterapeuta, ricercatore e scrittore. Ha coordinato gli interventi Elisabetta Soglio, giornalista del Corriere della sera-Buone Notizie.

Su una cosa gli ospiti hanno concordato e cioè che i ragazzi hanno bisogno di raccontarsi e per questo occorrono degli adulti che li sappiano ascoltare. “Voi grandi sentite ma non ascoltate”, questo è quello che dicono i ragazzi che don Claudio incontra al Beccaria o nella sua comunità di Vimodrone, alle porte di Milano. «Invece dobbiamo ascoltarli», dice il sacerdote, «sono loro che ci debbono spiegare perché stanno male dentro. Dobbiamo aiutarli a raccontare perché dove non ci sono le parole scatta la violenza». Daniel Zaccaro, uno dei ragazzi di Kayròs che oggi fa l’educatore, in un libro, “Ero un bullo”, ha scritto che la sua vita è cambiata quando ha trovato le parole per raccontarsi. Invece, le famiglie, gli adulti, che dovrebbe essere i protagonisti dell’incontro, dell’ascolto, «sono chiusi in una bolla, isolatissimi», ha denunciato Pellai, «incapaci di strappare i loro figli dal nulla della realtà virtuale in cui trascorrono la loro esistenza». Gli adolescenti hanno bisogno di una palestra dove allenarsi alla vita, di compagni di strada, di un campo da gioco, di buoni allenatori. Per contro, trovano il “branco”, cattivi maestri, la realtà virtuale piuttosto che la vita reale. «I loro luoghi di aggregazione sono fabbriche di soldi», ha denunciato lo scrittore, «dove si aggirano nuovi Lucignolo e il Gatto con la Volpe, metafora incredibile di quello che sta accadendo alla crescita degli adolescenti: la palestra della vita è uno spazio di consumo in cui debbono esserci monete d’oro nelle loro tasche».

Il clima culturale non aiuta. E gli adulti ancor meno. Dilaga l’analfabetismo affettivo. Don Claudio ha contestato il modello del self made man perché rende diffidenti verso gli altri e accentua la solitudine. Gli adolescenti, ieri, contestavano gli adulti, oggi li reputano irrilevanti. Da loro non hanno nulla da imparare perché, «quando ci guardano», ha affermato Pellai, «non vedono qualcosa a cui aspirare. Adulti iperprotettivi e spaventati non sono una risorsa per la crescita dei figli».  Il fondatore di Kayròs ha letto i versi di una canzone di un ragazzo di una baby gang: “Non so dirti ‘ti amo’ perché nessuno me lo ha mai insegnato. Ci ho provato da solo ma non ha mai funzionato”. «Analfabeti anche in amore perché senza modelli di un vero amore», ha commentato. Parlando di crisi dei giovani si è puntato il dito contro il Covid. «Che certo ha pesato», ha riconosciuto Lattanzio, «ma il Covid ha solo fatto esplodere qualcosa che c’era già prima, rendendo esplicito il passaggio dalle diseguaglianze all’ingiustizia sociale. Questo ha accentuato il disagio psicologico, al quale si risponde con proposte disincarnate dal contesto, che non sono il frutto di un ascolto». Pellai è tornato spesso sulla tragedia del virtuale. Ha raccontato che i pediatri hanno constatato un aumento della miopia fra i bambini in età scolare. A forza di stare davanti al piccolo schermo, il cervello si convince che tutto il mondo ce l’hai sotto il naso. E non è solo un problema oculistico, ma molto di più: «Metaforicamente vuol dire che gli abbiamo rubato l’orizzonte». Allora? «Allora io ho dato il cellulare ai miei figli quando hanno finito le medie, perché non si può salire su una Ferrari quando si hanno le competenze giusto per un go-kart», ha raccontato, «e i genitori debbono essere consapevoli che a undici anni uno non può darsi da solo le regole per usare lo smartphone, perché il telefonino non è uno strumento, ma un ambiente con dentro un milione di porte. E allora dobbiamo essere testimoni di “adultità” e dire anche dei no». Un compito difficile se non impossibile quando si è soli, per questo Pellai ha proposto delle micro-reti di due-tre famiglie, che creino una comunità educante, che stando insieme facciano vedere che si può rendere il mondo un posto migliore, che la felicità non è solo eccitativa e performante, ma legata ad un fortissimo senso di appartenenza.

Lattanzio ha condiviso questa necessità di fare rete fra adulti, e ha chiesto che tutti i genitori, soprattutto quelli che partono da situazioni di svantaggio, possano avere gli strumenti per vivere la loro genitorialità, aiutati dalle strutture pubbliche. Quanto ai ragazzi, l’esponente di Save the children ha rilanciato l’educazione fra pari, che, in Italia, è promossa e tutelata con leggi specifiche dalla Puglia, dall’Emilia Romagna e dal Piemonte.

Al termine di analisi, valutazioni, proposte, don Claudio ha riportato tutti alla concretezza del quotidiano: «Ho portato con me otto ragazzi della mia comunità. Ci sono otto famiglie, qui in auditorium, pronti a portarseli a cena?» Ieri sera, avrebbe potuto sfamare tutti i ragazzi di Kayròs.

(D.B.)

 

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