Conferenza Stampa

Press Meeting

GIORGIO VITTADINI: Faccio una premessa che dà il quadro della situazione a questo punto del Meeting. A me sembra che questo non sia il Meeting di CL nel senso della Compagnia delle Opere dove vengono fiori le idee di CL o della Compagnia delle Opere, è il meeting dove chiunque abbia qualcosa di interessante, di vero, di giusto, da dire può confrontarsi in termini liberi. Ce lo ha dett o ieri il presidente della Associazione Nazionale magistrati, lo ha detto oggi Montezemolo, lo diceva ieri sera Realacci di Lagambiente, quindi quello che noi volevamo dall’inizio, dalla prima edizione, che ci fosse un luogo di confronto pacifico nel nostro paese contro le contrapposizioni, e questo bisognerebbe notarlo, è strano che chi parte da una identità riesca a far stare insieme personaggi diversi. Da questo punto di vista oggi volevamo riprendere la questione del lavoro, per dire che noi siamo contro le semplificazioni e le contrapposizioni che hanno una parte della Confindustria da una parte, dall’altra parte la CGIL come gli opposti estremismi. Che vorrebbero da una parte come il ritorno al padrone cattivo, e dall’altra parte la perpetuazione di uno status quo che non ha nulla a che fare con la realtà, ribadisco quello che ho già detto, la CGIL è oggi un sindacato di pensionati, soprattutto, più del 50%, che difende un interesse politico prima che quello dei lavoratori. Per cui nel merito della proposta di Marzano noi diciamo che secondo noi il punto di partenza non è assolutamente l’abolizione dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori. Piuttosto prima di tutto ci sono condizioni più grandi, quelle che diceva oggi Montezemolo, secondo c’è il problema di un passaggio da uno statalismo a un privato sociale ad ammortizzatori sociali che oggi vorremmo illustrare, l’idea di un collocamento e di un sistema informativo del lavoro gestito da privati a scopo di lucro … eh? non a scopo di lucro, è l’unico punto di sviluppo se pensate che oggi un terzo, a breve, un terzo dei lavoratori interinali passano a lavoratori fissi. Ma oggi questo è ostacolato da tutta la legislazione fatta dal ministero Salvi che è stato un vero ammazzatore dell’occupazione. E la soluzione non è quella di cui si sta parlando in questi giorni, questo è un falso problema, vorremmo dire cosa abbiamo chiesto nel progetto di legge che prevede questa caduta delle barriere al lavoro, alle forme di intervento nel mercato del lavoro, lo vorremmo dire col professor Martini che è preside di facoltà di statistica alla Bicocca di Milano, uno dei maggiori esperti del lavoro, anche con l’ausilio di un libretto che distribuiamo in cui è presente questa posizione. Noi pensiamo che su queste basi si possa dialogare in modo più vasto, evitando questa contrapposizione di personaggi che oggi hanno a che fare più con una posizione ideologica e di schieramento, che con l’interesse reale dei lavorati e delle imprese, perché anche la posizione di un liberismo selvaggio delle imprese va contro un impresa che comunque deve essere in grado di selezionare i lavoratori e semplicemente con i contratti a termine senza una riforma del mercato del lavoro, piuttosto che con il discorso di una abolizione tout-cour dell’articolo 18, si va verso un’impresa che si confronta verso un lavoratore non selezionato. Questo è un esempio di quel discorso non di abbassare e smussare gli angoli, ma di una posizione equilibrata che ci sembra ci voglia in ognuno di questi temi. Vorrei cedere la parola al professor Martini.
MARCO MARTINI:
Pei uscire dal dibattito ideologico, dalla chiacchieia ideologica che e una caiatteristica abbastanza diffusa conviene rifarsi ai fatti Primo fatto, l’Italia in questi dieci anni cioe gli anni della innovazione accelerata che ha toccato il sistema italiano come quelli di tutti gli altri paesi, e l’unico paese europeo dove l’occupazione non è cresciuta. Avevamo un tasso di occupazione al 54% all’inizio del ‘90 ne abbiamo uno al 53% dopo un certo recupero degli ultimi due anni nel 2000- 2001. Tutti gli altri paesi, tutti gli altri paesi compresa la Grecia, il Portogallo, la Spagna, non solo l’Irlanda, per non parlare dell’Olanda ecc, hanno invece avuto un incremento di occupazione. Quindi la falsa profezia dei sociologi alla Rischy (?) fine del lavoro a causa delle nuove tecnologie, profezia assurda, non suffragata da nessun dato empirico, non si è realizzata in nessun paese e anche in Italia, malgrado l’Italia dimostri di essere il paese che è più lento degli altri nell’adeguarsi. Questo è il vizio di fondo del sistema del mercato del lavoro italiano. Il vizio strutturale del sistema italiano è che noi siamo lenti nell’adeguarci, ora è evidente a tutti che la novità di questi anni sta nell’accelerazione della innovazione tecnologica, l’innovazione c’è sempre stata, ma è la sua accelerazione ciò che caratterizza questi anni. Ora un sistema che invece è basato, come il nostro, sulla identificazione tra mobilità del lavora e ricambio generazionale, cioè noi in fondo per 30/40 anni abbiamo proceduto secondo questo principio: mentre il padre lavora, nell’impresa, il figlio studia, studia nell’istituto tecnico, impara le nuove tecnologie e quando, dopo 40 anni di vita lavorativa il padre esce dal mercato del lavoro, il figlio lo sostituisce apportando quelle innovazione che appunto fanno modernizzare il sistema. Ora è chiaro che questo sistema può ftmzionare se il tempo medio di diffusione della innovazione è 40 anni, ma oggi il tempo medio di diffusione della innovazione è di 5 anni. Questo significa che la mobilità e il cambiamento non è una eccezione come invece purtroppo tutta la nostra legislazione, tutta la nostra prassi sindacale, tutte le nostre istituzioni pensionistiche, ritengono che sia. Allora bisogna modificare radicalmente il modello, la mobilità è la norma. La mobilità di per sé non è un male, la mobilità diventa un male se il lavoratore è lasciato solo e disorientato di fronte alla mobilità, come è oggi. Noi siamo il paese che ha il massimo di nonne burocratiche, non esiste nessun altro paese dove l’assunzione di un lavoratore comporti tanti impegni burocratici, e il minimo di supporto al lavoratore e alla piccola impresa. Inciso, in Italia il problema dell’articolo 18 riguarda 2 milioni e mezzo di lavoratori cioè quelli che lavorano nelle imprese con più di.. anzi no scusate 5 milioni e mezzo di lavoratori, con più di 15 dipendenti. Ma i 5 milioni di lavoratori indipendenti, i 7 milioni di lavoratori dipendenti nelle piccole imprese non sono interessati a questo problema, e invece sono interessati a trovare un reale sostegno nel momento inevitabile in cui sono coinvolti in un processo di cambiamento e di modificazione. Questo in Italia non esiste perché il sistema di collocamento pubblico che è una specie di fossile, che recentemente è stato smantellato e consegnato alle regioni e alle provincie, non ha mai pensato di realizzare questo servizio, ha pensato di realizzare una sorta di burocratizzazione. Allora che cosa si deve fare in una situazione di questo genere in cui il disagio più grande è dei lavoratori, dei lavoratori giovani che non sanno come fare ad entrare, dei lavoratori maturi che sono chiamati per la prima volta a mettere continuamente in discussione la propria professionalità, nel senso di adeguarla di trovare occasioni formative, ma anche qui sono soli, sono completamente soli di fronte a questo problema, e anche alle circa 4 milioni di piccole imprese, le quali a loro volta non sono affatto attrezzate nè a cercare i lavoratori né tantomeno a formarli, cioè noi siamo un sistema che ha abbandonato a se stessi lavoratori e piccole imprese in un momento in cui invece sarebbe importante realizzare nuove strutture di supporto orientativo e formativo che dovrebbero essere permanenti. Faccio solo un esempio per concludere e per dire qual è l’idea nostra, l’idea su cui ci stiamo muovendo, in Italia se un ragazzo che esce dall’Università vuole cercare quali sono le occasioni di lavoro che lo possono riguardare impiega circa 15 giorni, è un esperimento che abbiamo fatto con i nostri laureti simulando i diversi.., a cercare in tutti i siti Internet, in tuffi gli Infonnagiovani, centro lavoro, sui giornali, Corriere del Lavoro, ecc, ci impiega 1 5 giorni a sapere che cosa c’è. In Germania, noi abbiamo studiato un po’ tutti i sistemi del mondo, faccio l’esempio della Germania dove c’è un buon sistema, in Germania un lavoratore da solo, se sa entrare in Internet, assistito da qualcuno che lo aiuta ad entrare in Internet, se non sa entrare in lnternet, in 5 minuti trova 2 milioni di occasioni in tutta la Germania, di lavoro, indica quali sono quelle che possono interessare come territorio, come professione, come requisiti, ecc, e nel giro di un quarto d’ora ha 100 indirizzi su cui muoversi. In Italia un giovane che come tanti ha sbagliato nel scegliere … o perlomeno era un po’ disorientato nella scelta della facoltà universitaria e vuole nrngari fare qualche cosa dopo la laurea per diciamo riposizionarsi sul mercato del lavoro, anche qui per capire che cosa può fare impiega settimane, in Germania, andate se avete internet a Mailsant (?) schiacciate un bottone e trovate, c’è solo il problema della lingua ma insomma. In Germania ci sono 350 mila corsi di formazione in linea e una persona nel giro di mezz’oretta riesce a capire dove e come potrebbe fare. Ora naturalmente non è soltanto un problema di informatica, per carità, è un problema di organizzazione, cioè bisogna riorganizzare un sistema di sostegno orientativo, informativo, formativo e assicurativo, assicurativo nel senso di sostenere anche economicamente chi è in questa fase, che è tutto da inventare. Allora come diceva Vittadini, un servizio di questo genere è impensabile che emerga dalle ceneri del fossile del collocamento. Lì è bene che facciano e facciano bene il lavoro amministrativo. Chi lo può inventare? Lo può inventare soltanto chi ha creatività, passione, desiderio di rispondere ad un bisogna nuovo. Naturalmente questo implica una integrazione tra pubblico e privato, perché il compito del pubblico in una situazione del genere è quéllo di creare la piazza, cioè di mettere in condizione tutti quelli che lavorano in questa direzione di mettere insieme le informazioni, cioè creare la piazza del mercato che non è mai stata creata dai mercanti, la piazza del mercato la crea il principe, la crea la comunità politica e la crea proprio perché tutti possano accedere, possano vedere le diverse … e soprattutto il principe fissa le unità di misura, i pesi, il metro, cioè garantisce e tutela che quello di cui si parla non sia una bufala, non sia una presa in giro, non sia una truffa. Ecco il compito del pubblico è quello di accreditare chi, pubblico o privato sa fare questo sistema, ed è quello di creare le condizioni perché il lavoratore e l’impresa possano accedere a tutte le informazioni in breve tempo. E tutto questo è già stato in qualche modo progettato, ci sono alcune provincie che si sono mosse in questa direzione, ci sono alcune regioni che si stanno muovendo in questa direzione, si tratta solo di superare quella terribile disintegrazione che è stata creata dalla circolare Salvi, cioè Salvi impedisce allo stesso ente di fare contemporaneamente per esempio formazione e orientamento, oppure formazione e lavoro interinale. Ora siccome la persona è una, la persona nel disagio non è che deve fare il giro delle 7 chiese per chiedere diversi servizi a diversi soggetti, la persona va dove gli capita di andare, e dove gli capita di andare deve trovare un servizio integrato, un supporto integrato. Ecco questa è la direzione verso cui noi ci stiamo muovendo.
GIORGIO VITTADINI: Ecco oggi c’è questo vincolo di esclusività, per cui chi fa lavoro interinale non può fare domanda e offerta, chi fa la formazione non può raccogliere i dati, questo vincolo posto dall’interpretazione del ministero del lavoro del precedente governo è quello che noi chiediamo venga abolito perché ci sia questo sviluppo del lavoro. Questo intervento insieme allo sviluppo della fascia di sindacato per il lavoro atipico, come la LAI, è una forma di cambiamento radicale del mercato del lavoro non brutale ma che permette una forma diversa di tutela del lavoratore che farà, come dice sempre il professor Ma}tini, da un posto a un percorso. Questa semplice norma che tra l’altro è stata inserita come prevista dal dpef è la vera grande riforma del mercato del lavoro che è da fare senza scomodare articoli 18, 19, 20 o altre cose che sono semplicemente fughe in avanti di tipo propagandistico.