In conferenza stampa i relatori dell’incontro “Dio salvi la ragione” che hanno contribuito, insieme a Spaemann e Glucksmann, all’omonimo volume, edito recentemente da Cantagalli, sugli interventi di Benedetto XVI a Ratisbona. “Il discorso del Papa a Ratisbona”, ha esordito il portavoce del Meeting Marco Bardazzi, “a nostro giudizio non è stato un ‘incidente’, ma uno dei punti più alti di questo pontificato. E ci ha reso particolarmente contenti che si sia svolto a pochi giorni dalla conclusione del Meeting 2006 dedicato, appunto, alla ragione. Il dibattito sui temi di Ratisbona è più attuale che mai”.
Anticipando i temi del suo intervento in Auditorium, Joseph H. Weiler, European Union Jean Monnet Chair, ha precisato innanzi tutto che si sarebbe soffermato sulle due omelie pronunciate dal Papa a Ratisbona, concentrando la sua attenzione su tre temi. Benedetto XVI dopo aver citato Isaia, “Ecco il vostro Dio, arriva la vendetta”, ha commentato: “La sua vendetta è la croce”. “Io come ebreo, mi ribello a questa interpretazione. E tuttavia non posso non essere d’accordo col Papa quando dice che le sue affermazioni chiare non offendono le altre religioni e la mia tradizione: perché la disonestà non può essere la base di un vero dialogo”. Seconda sottolineatura di Weiler: “La libertà religiosa è la prima e fondamentale libertà, ha detto sempre la Chiesa”. Il relatore ha proseguito: “La vera libertà comporta la possibilità di dire anche no a Dio”; e si è dichiarato in sintonia con Benedetto XVI e Giovanni Paolo II che hanno affermato rispettivamente che “una religione coercitiva non è una vera religione” e che “la Chiesa propone, non impone”. Terzo tema: “Ho sempre sostenuto che non è vera Europa quella che non accetta di riconoscere la civilizzazione cristiana. Ma, dopo Ratisbona, affermo anche che non è vero cristianesimo quello che non riconosce le sue radici europee e il suo legame con la ragione”.
Sari Nusseibeh, Presidente di Al Quds University Gerusalemme, ha iniziato dicendo: “Io credo che inizialmente il discorso del Papa sia stato sentito dal mondo arabo come un insulto per aver legato il mondo islamico al non uso della ragione e alla violenza. Poi ho letto con attenzione quel discorso”. A giudizio del relatore, “razionalità e terrorismo sono due lati di una stessa medaglia. A mio giudizio – ha proseguito Nusseibeh – il Papa intendeva riferirsi non alla ‘ragione’, ma a una ‘ragionevolezza’, caratteristica quest’ultima innanzi tutto dei singoli individui. Ho concluso che quello del Papa era un messaggio positivo che voleva unire le due tradizioni”.
Anche Wael Farouq, Docente di Scienze Islamiche alla Facoltà Copto-Cattolica di Sakakini, ha anticipato i temi del suo intervento in Auditorium. “Per me il discorso del Papa a Ratisbona rappresenta l’occasione di un vero dialogo tra le religioni, perché un dialogo autentico ha bisogno di sincerità”. Il Papa, anche in altri interventi, ha parlato dei pericoli che provengono dal fondamentalismo, da un lato, e dal nichilismo, dall’altro. “Come ci ha detto nell’enciclica, nella ragione lui vede una relazione fondata sull’amore, senza la quale la fede non può avere il suo compimento. Molti musulmani hanno considerato un’offesa il discorso del Papa, ma molti altri hanno capito che costituisce un invito positivo. La fede senza ragione diventa un’ideologia. La verità e l’amore del prossimo sono necessari per rendere la verità umana”. Col suo contributo per il libro “Dio salvi la ragione”, Farouq ha cercato di recuperare “i tanti testi arabi che hanno parlato di ragione e che rappresentano pilastri della tradizione araba”.
Era presente alla conferenza stampa anche il professor Robert Spaemann, tra i relatori dell’incontro su “Verità e libertà”. La ristrettezza dei tempi non ha consentito il suo intervento.
V.C.
Rimini, 22 agosto 2007