Moncef Ben Moussa, Gultan Kisanak e Dario Nardella
La conferenza stampa ha fissato l’attenzione sul ruolo delle città nella costruzione di un positivo rapporto con l’altro, anticipando, con alcuni relatori, tematiche dell’incontro pomeridiano: “Le città non possono morire”.
“Città come Firenze, Torino, Lampedusa e oggi anche Rimini sono in prima fila per cercare di dare una mano a popolazioni in difficoltà e per superare la logica delle barriere, delle armi e dell’inimicizia tra i popoli”. L’ha affermato Moncef Ben Moussa, Direttore del Museo del Bardo (Tunisia), che ha proseguito: “Il titolo del Meeting è molto significativo e contiene un’indicazione per il mondo intero. L’altro è indispensabile per la nostra vita”. Moussa ha sottolineato l’importanza della cultura e della coscienza della propria storia per una positiva convivenza tra i diversi.
È intervenuta quindi la signora Gultan Kisanak, Sindaco di Diyarbakir (Turchia), “una città che ha un percorso storico di ottomila anni ed è molto importante per la politica nel Medio Oriente”. “Purtroppo dall’anno scorso – ha ricordato Kisanak – è terminato il dialogo tra Turchia e curdi e si è passati alla guerra, con le sue distruzioni e tragedie. Ma nonostante tutto Diyarbakir continua ad essere una città della convivenza delle differenze. Trentamila profughi sono venuti da noi per gli attacchi dell’Isis e li abbiamo accolti come fratelli. Noi insistiamo per il dialogo, perché termini la guerra e si possa ottenere uno statuto per la libertà di espressione del popolo curdo”.
“Il Meeting ospita ogni anno una riunione dei sindaci delle città del mondo. Un’esperienza che abbiamo già lanciato a Firenze con l’iniziativa ‘Unity in diversity’ – ha detto il Sindaco di Firenze Dario Nardella – Puntando nuovamente sulla diplomazia delle città e dei sindaci, nel solco tracciato 60 anni fa da Giorgio La Pira, possiamo favorire pace e integrazione. I sindaci non hanno il potere dei capi di Stato ma possono contare, piuttosto, sulla libertà di agire e di muoversi travalicando i confini nazionali e internazionali e usando i loro propri strumenti: cultura, educazione, dialogo ed esperienze civili di convivenza”.