Come vivere la fede nel mondo contemporaneo?

Press Meeting

Incontro fondamentale per il Meeting quello di oggi alle ore 17.00 in Auditorium Intesa Sanpaolo D5, sull’attualità della fede a partire da libro “Vita di don Giussani”. Partecipano Shodo Habukawa, monaco buddista del Monte Koya, Mauro Magatti, ordinario di Sociologia generale all’Università cattolica del Sacro Cuore di Milano e Massimo Borghesi, docente di Filosofia morale all’Università di Perugia. Introduce e coordina gli interventi Alberto Savorana, portavoce di Comunione e Liberazione e autore della biografia di don Giussani.
Alberto Savorana sottolinea alcuni aspetti del percorso umano e spirituale del sacerdote lombardo: “Fin da quando ha preso coscienza di sé, ha vissuto la sua vita con una domanda. La storia di Giussani è significativa perché ha dovuto fare lui stesso il cammino, sempre con un’inesorabile apertura alla realtà”. Descrivendo il momento decisivo dell’incontro con i giovani al liceo Berchet nel ’54, Savorana racconta che don Giussani si è reso conto che il cristianesimo per la loro vita era qualcosa di perfettamente estraneo. Di qui il suo coinvolgimento con i giovani con il desiderio di comunicare Cristo. “Non sono qui perché riteniate vere le cose che dico, ma per insegnarvi un metodo”, diceva spesso. “Mi ero profondamente persuaso – aggiungeva – che una fede che non potesse essere reperta e trovata nell’esperienza presente, confermata da essa, utile a rispondere alle sue esigenze, non sarebbe stata una fede in grado di resistere in un mondo dove tutto, tutto, diceva e dice l’opposto”.
Oggi, a quasi dieci anni dalla morte di don Giussani, don Julián Carrón nella prefazione del libro “Il movimento di Comunione e Liberazione. Conversazioni con Robi Ronza” dice: “Quante volte in questi anni, rileggendo alcuni testi di don Giussani alla luce delle sfide e delle domande che urgevano nella nostra vita, le sue parole hanno acquistato una luce diversa, davanti ai nostri occhi si sono dimostrate più pertinenti di quando le avevamo lette la prima volta. Ci sono momenti in cui vediamo che don Giussani parla di più alla nostra vita oggi, addirittura di più di quando quelle stesse parole le ascoltavamo dalla sua viva voce”. A quanto dice Carrón fanno eco le parole del Papa nel messaggio al Meeting. La domanda di oggi è: “Come comunicare Gesù a una generazione che cambia?”
Habukawa racconta del suo incontro con don Giussani e della sua inaspettata esperienza di verità: “Era il 28 giugno 1987, improvvisamente davanti a me una presenza come se fosse uscita dal sole dell’inizio d’estate, che significa arrivare dal centro del Cosmo. Un lungo abbraccio ci ha uniti”. Il monaco ha poi rivelato un aneddoto: “Nella visita al museo del tesoro Sacro di Reihokan, don Giussani è stato colpito dalla figura di una Divinità buddista raffigurata con mille braccia e mille occhi, che rappresenta il presente, passato e futuro e la possibilità di essere salvati”. Affascinato dall’insegnamento di don Giussani, ha concluso con le sue parole: “Aprendo il tuo cuore a tutto ciò che esiste nella realtà, sentirai la voce dell’Assoluto”.
“La voce dell’Assoluto ci parla attraverso le circostanze”. Savorana riprende e rilancia una domanda agli altri due relatori: “Quali sono i tratti della realtà di oggi? Aiutateci a leggere l’attualità della vita di don Giussani. Che cosa ha da dire oggi a noi, che come ogni generazione siamo destinati a un nuovo inizio?”
“Il mio incontro con alcuni di voi è nato da una scoperta curiosa: nel mio lavoro di sociologo mi sono accorto che molte categorie che ho usato per l’analisi della cultura in cui viviamo, don Giussani le aveva già usate nella sua proposta educativa. Mi sono domandato come fosse possibile che un umile prete avesse potuto generare questo movimento che è nato dal nulla”.
Magatti poi si inoltra nella risposta a Savorana. “Don Giussani ha saputo cogliere in profondità e in anticipo sui tempi l’evoluzione antropologica verso cui andava la società italiana degli anni Cinquanta. Il benessere, associato alla democrazia e allo sviluppo dell’istruzione portava a una grande emergenza dell’io: l’esperienza della libertà disponibile per milioni di persone”. Il futuro fondatore di Cl ha vissuto a fondo il suo tempo senza sfuggirlo, ma “reinterpretandolo in un modo che poteva permettere ai giovani di reincontrare Cristo”.
Il docente mette poi in evidenza alcune categorie della modernità e la rilettura critica che don Giussani ne ha fatto. Dove la realtà era rivendicata come materialità, lui ha parlato di profondità. Dove l’esperienza si riduceva a emozionalità, don Giussani ne parla come “occasione per uscire dalla gabbia dell’io per incontrare l’altro da sé, fino al giudizio”. Quando l’incontro è esaltato come assolutamente libero, don Giussani lo riconduce non all’eccesso, ma all’eccedenza che porta alla trascendenza. Cosi per la categoria di desiderio, da puro godimento ad attrattiva trascendente. Infine la realizzazione che può sfociare nel narcisismo, significa per lui vocazione. “Don Giussani è l’erede di una grande tradizione di umanità e con Cl negli ultimi cinquant’anni ha dato una risposta concreta al bisogno di uno spazio umano dove incontrare l’esperienza cristiana”.
Oggi quindi a che punto siamo? “Quell’esperienza si è radicalizzata e pone ora nuove sfide, mentre l’individualismo è sempre più in crisi. È iniziato il ventunesimo secolo, la crisi del 2008 ne segna l’inizio. Don Giussani ci lascia un metodo: prima di ogni cosa bisogna entrare profondamente nell’esperienza dei nostri contemporanei per essere capaci di incontrare l’uomo, in una realtà piena di rumori e luci che ci impedisce di vederla fino in fondo, mentre tutto si appiattisce sull’apparenza. Come negli anni Cinquanta don Giussani ha colto il segno dei tempi. A me sembra che oggi abbiamo il bisogno di ribadire che l’io è relazione”.
Borghesi esordisce suggerendo un metodo con cui leggere il volume di Savorana: “Lo sguardo e la voce di don Giussani erano penetranti; il fascino veniva dalla sua persona più che da quello che diceva. Per questo è decisivo il video che ha accompagnato le presentazioni di questi mesi. Occorre immedesimarsi con quello sguardo. C’è un modo astorico di leggere questo libro”. Il filosofo continua quindi offrendo alcuni spunti di lettura: la famiglia di don Giussani, la sua sensibilità che emerge soprattutto nella scoperta di Leopardi come amico, l’esperienza della scuola di Venegono, e infine le svolte nella sua storia personale (quando nel ’54 decide di interrompere gli studi accademici per andare tra i giovani), che poi diventa storia del movimento di Cl.
Borghesi documenta passaggi nodali di approfondimento della coscienza del carisma elencandoli cronologicamente. Dopo la diaspora del ’68 (dove diviene chiaro che “c’è qualcosa che viene prima” dell’impegno nel mondo), a Riccione ’76 “è il tempo della persona”. Dopo il referendum sull’aborto l’accento va “non sui valori ma sull’esperienza”. Un altro momento cruciale coincide con la pubblicazione del volume “Un avvenimento di vita, cioè una storia” a cura de “Il Sabato”. Borghesi continua: “La parola avvenimento si riempie di contenuto evangelico, questa è l’immedesimazione di cui parla don Giussani. Lui non legge il Vangelo, lo vede. Dà nuove definizioni della fede: è riconoscimento amoroso”. Fino agli anni più recenti, quando ormai ammalato, a 74 anni parla di ciò che deve rimanere, l’essenziale. E che cos’è l’essenziale? Nei suoi ultimi giorni di vita si faceva cantare “Noi non sappiamo chi era”. Non era una canzone particolarmente bella ma contiene il nome di Gesù. “Se lo faceva cantare perché amava Gesù”.
(G.L., C.R.)

Scarica