COME IN UNO SPECCHIO, OSCURAMENTE. PRESENTAZIONE DEL LIBRO

Press Meeting

“Un tema legato al titolo del Meeting, che ci fa capire come l’anelito alla verità sia costituito in modo determinante per la nostra vita dal dolore, dalla sofferenza, che alla nostra comprensione appaiono come riflessi in un specchio opaco”, ha sottolineato Camillo Fornasieri introducendo la presentazione dell’opera più recente (edita da Feltrinelli) di Eugenio Borgna, primario emerito di Psichiatria dell’Ospedale Maggiore di Novara. .
“Con i miei pazienti – ha subito precisato Marco Bertoli, psichiatra, direttore del Dipartimento di Salute Mentale di Palmanova – lavoro insieme, faccio insieme delle cose, come l’intervento riabilitativo costituito da uno splendido allevamento di trote. Imparo dalla loro sofferenza a vivere. I contenuti del libro di Borgna raccontano la nostra professione con parole che diventano gesto. Non so all’inizio del rapporto con un paziente quale parola, indicibile, incommensurabile, come il dolore, possa perderlo o salvarlo. Spero di imparare a conoscerla nella relazione con lui. Sono le parole di persone che ci chiedono di essere aiutate per la guarigione, per la vita, e a trovare la verità di sé”.
Il dialogo si poi svolto in forma di intervista di Bertoli a Borgna, a partire dalla domanda sul titolo del libro.
Un richiamo, ha spiegato Borgna, alle parole “profetiche, rivoluzionarie” di S. Paolo nella I Lettera ai Corinti: “Ora vedo come in uno specchio…allora vedrò faccia a faccia”.
“Se noi guardiamo alle infinte manifestazioni della malattia psichica, nasce questa domanda fondamentale: che senso hanno il dolore e la sofferenza, scegliere la morte volontaria come speranza senza speranza, la fragilità, la debolezza? In questo specchio in cui vogliamo coraggiosamente guardare dobbiamo confrontarci con esperienze di vita che sembrano le più inutili, le più insignificanti: che sono considerate all’esterno come una perdita di sé. Quanti sono colti dall’angoscia, dalla sofferenza, trovano sostegno nelle parole che ancora S. Paolo rivolgeva ai Corinti. ‘Mi compiaccio delle mie infermità, oltraggi, sofferenze per Cristo. Quando mi sento debole, allora sono forte’”
“Da dove nasce – ha quindi domandato Bertoli – la forza per stare davanti ad un altro il cui dolore ti scarnifica, in modo così umano?”
“Solo per chi non ha speranza – ha risposto Borgna citando una frase del filosofo Walter Benjamin – c’è la speranza. La zattera su cui le persone segnate dalla malattia possono salvarsi è la possibilità di incontrare dall’altra parte, nel deserto della speranza, una testimonianza di cura, di senso, di sacrificio. Bisogna reinsegnare la speranza. È importante anche dal punto di vista umano ed esistenziale saper cogliere delle persone, dei pazienti, la fatica, i silenzi, le parole rese indicibili dalla sofferenza”. .

M. T..
Rimini, 23 agosto 2007