Il ricordo di Marco Biagi ha introdotto i lavori del secondo incontro del ciclo “È anomalia virtuosa? Quale futuro per l’impresa italiana”, cui hanno partecipato Massimo Ferlini, Vice Presidente Compagnia delle Opere, Maurizio Sacconi, Sottosegretario al Ministero del Welfare, Ivano Barberini, Presidente di Alleanza Cooperativa Internazionale, Natale Forlani, Amministratore Delegato Italia Lavoro.Il perché del titolo dell’incontro, ha detto Ferlini, nasce dal fatto che la discussione in atto sulla riforma Biagi fa pensare al ritorno ad un mercato senza regole. È proprio l’opposto invece, ha aggiunto Ferlini: innanzitutto perché il lavoro svolto nasce dalla comune convinzione dei diversi soggetti coinvolti del fatto che in realtà si stanno disegnando i contratti e le tutele dei lavoratori esclusivamente rispetto al tipo di lavoro che effettivamente esiste nel mercato. Per Compagnia delle Opere la riforma Biagi è stata un volano di modernizzazione non solo del lavoro, ma soprattutto del Paese, così come Biagi stesso auspicava nel “libro bianco”, dove sono descritte le ragioni della riforma: gli obiettivi e le possibilità per creare occupabilità e migliorare la qualità dell’occupazione.È stata una riforma fortemente voluta da questo Governo, ha dichiarato Saccone, e raggiunta in tempi brevi grazie anche al fatto che ha visto l’impegno di una coalizione di riformisti appartenenti ad opposti schieramenti politici. Biagi stava lavorando a questa riforma già dal ’90, ma allora non si verificarono le condizioni per attuare le sue idee. Solo successivamente, con il sostegno di varie forze politiche e sociali, si arrivò alla sottoscrizione del Patto per l’Italia, dal quale si allontanò la sola CGIL. Il merito di questa riforma sta nel fatto che cambia in maniera dirompente gli ormai vecchi metodi di intendere il lavoro. In questa fase di post-modernità il lavoro cambia: si va verso forme di lavoro meno dipendente e più partecipativo e intraprendente. Oggi i sistemi produttivi competono in termini qualitativi attraverso i cosiddetti sistemi a rete: non ci sarà competitività produttiva se non si creano le condizioni per la modernizzazione del sistema. Il fatto che il libro bianco sia uscito tanti anni dopo quello scritto da Gianni De Michelis dice quanto bisogno c’è di fare dei passi in avanti. Tra questi due periodi si è verificata l’apertura di un piccolo pertugio quale è stato il pacchetto Treu. Le conseguenze della riforma, ha concluso Saccone, porteranno in breve tempo a un aumento dell’occupazione, a una flessibilità che si baserà soprattutto sulla modulazione dell’orario di lavoro, anche grazie a quegli organismi bilaterali che costituiscono la cooperazione.Per Barberini invece il valore di questa riforma parte dalla sua condivisione da parte di tutto il movimento cooperativo e dall’importanza di stimolare l’iniziativa nel lavoro, in modo da eliminare l’attesa estenuante del posto fisso. Occorre, per raggiungere questi risultati, cambiare la cultura di mercato, ancora molto radicata, rispondendo così anche alla forte esigenza di migliorare le condizioni della vita. Per favorire gli esiti della riforma occorre, ha concluso Barberini, lavorare coerentemente per migliorare il sistema Italia anche dal punto di vista delle riforme economiche.Le prospettive della riforma del lavoro, secondo Forlani, riguarderanno la sostituzione di quattro milioni di soggetti che lasceranno il mondo del lavoro: il fatto che si andrà sempre di più verso una economia di servizi e verso la flessibilità, così come si è verificato in altri paesi europei, porterà ad un aumento del tasso di occupazione. In questi passaggi si dovrà tenere presente il tema della formazione. esiste una tradizione cui poter attingere, va abbandonata quelle tentazioni ideologiche che utilizzano questi temi solo in termini di strumentalizzazione. Tutti sforzi questi, ha concluso Forlani, che devono attuare il passaggio dalle riforme del Welfare allo statuto dei lavoratori.G.F.I.
Rimini, 26 agosto 2003