CIBO: QUALITÀ O QUANTITÀ PER NUTRIRE IL PIANETA?

Press Meeting

“Dall’incertezza dovuta al particolare momento storico alla certezza di una gratuità totale” potrebbe essere sintetizzato così l’incontro delle 19.00 in sala Neri, cui sono intervenuti Giuseppe Battagliola, presidente de La linea verde spa, Stefano Berni, direttore generale del Consorzio per la tutela del Grana Padano, Vincenzo Tassinari, presidente di Coop Italia, Marco Lucchini, direttore generale della Fondazione Banco Alimentare, moderati da Camillo Gardini, presidente di CdO – Agroalimentare.
“C’è un grande bisogno di produrre – ha esordito Gardini nell’introdurre i lavori – infatti l’importanza di questo workshop può essere sintetizzata dal fatto che fino a poco tempo fa la produzione del latte o di barbabietole costituiva un vero problema, oggi invece il mondo si sta accorgendo che le derrate alimentari non sono più in eccedenza”.
Battagliola nel suo intervento ha raccontato la storia dell’azienda che presiede, la cui mission è racchiusa nello slogan “crescere per crescere”. “La mia fortuna – ha sottolineato – è stata nascere in una famiglia cattolica basata su valori condivisi”. La linea verde sorge per soddisfare le necessità della famiglia (coltivando insalata), lo sviluppo è iniziato con l’acquisto di un trattore e dal raccattare attrezzi agricoli usati. Oggi il gruppo può contare sei siti produttivi, mille addetti, una società di trasporto e 170 milioni di euro di fatturato nel 2010. “La chiave del successo – ha proseguito il relatore – è stata la creazione di una rete di rapporti basata (come per la nostra famiglia in origine) su valori condivisi”. E così Battagliola, proprio per quanto raccontato, ha fatto pendere l’ago della bilancia dalla parte della qualità del cibo.
Dall’insalata al formaggio il passo è breve. Anche Berni ha fatto pendere l’ago della bilancia dalla parte della qualità, dicendosi convinto che in Italia “la sfida con altri paesi si vince solo puntando sulla qualità e la corretta informazione sulla certezza della provenienza”. Berni ha fatto dei distinguo, non solo tra prodotti generici e prodotti di qualità, ma sottolineando il fatto che “in Italia nessuno sa che il 50% del prosciutto crudo consumato viene dall’estero – ha tuonato – è questo accade perché, a livello europeo, in etichetta viene segnalato soltanto il paese in cui viene confezionato il prodotto”. Un difetto di informazione non secondario. “La qualità si scontra con la quantità – ha proseguito – perché i produttori, stretti dalla morsa della variazione dei prezzi, sono costretti a ridurre i costi”.
Leggermente diverso l’intervento di Tassinari secondo cui “sono i consumatori a far pendere l’ago dalla parte della qualità”, ma la risposta alla domanda posta dal tema deve tenere conto del fatto che l’Italia sta vivendo nella “fase della scarsità”. “Occorre aiutare le famiglie in crisi – ha sottolineato – e i produttori, soprattutto in questo momento in cui la domanda cresce il doppio dell’offerta e nessuno dice che il cibo è diventato oggetto di speculazione alimentare”. “Colpire i privilegi della cooperazione – ha concluso – non è il vero problema, perché l’economia sociale si regge proprio su questo mondo”.
Lucchini ha ribaltato la questione sottolineando in apertura del suo intervento che “è vero che siamo tutti consumatori, ma non tutti siamo acquirenti, visto che in Italia tre milioni di persone hanno serie difficoltà ad acquistare alimenti”. “Il punto non è discutere – ha dichiarato – sul problema della qualità o della quantità, perché questo inevitabilmente porta a difendere le categorie di settore”. La vera domanda è “cos’è il cibo”? “Un dono, una gratuità totale – ha risposto lo stesso Lucchini – il cui scopo è di nutrire l’uomo, ma anche la possibilità di condividere la vita”.
Di qui Lucchini ha individuato un possibile metodo: “Una collaborazione alla maniera dell’Ospedale di Santa Maria alla Scala di Siena, l’opera nata da uno che comincia ad ospitare i pellegrini a casa sua, fino a coinvolgere tantissime persone in un’opera che ha dell’incredibile”. Il direttore del Banco alimentare ha poi accennato ad alcune iniziative (happyfooday e Siticibo) che il Banco realizza attraverso il coinvolgimento di tanti volontari e che descrivono il modo migliore per dare pieno valore al cibo. Lucchini infine si è soffermato sul rischio che le foodbank europee corrono se verrà accolto il ricorso presentato da alcuni paesi in merito alla trasformazione, da parte dell’Unione europea, delle eccedenze per i poveri. La quantità di derrate disponibile potrebbe essere ridotta da 45mila a poco più di diecimila tonnellate. “Se lo scopo del cibo non è il dono – ha concluso –, vince la regola, con il risultato che 15 milioni di persone rischiano la fame”.
“L’Italia ce la farà – ha concluso i lavori Gardini – non per la capacità normativa, ma per il fatto che ci sono persone, che a partire dalla carità, si rimboccano le maniche e continuano a fare il loro lavoro”.

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