E’ innegabile una accresciuta e positiva attenzione al cibo che mangiamo. Mai come in questo momento nella storia vi si è posta tanta attenzione. Rispetto al tema del Meeting cosa dobbiamo riguadagnare per possedere veramente? Così Camillo Gardini, presidente di CdO Agroalimentare, ha introdotto i relatori al convegno delle ore 15 in Hall Sud Sala Neri, dal titolo “Cibo e salute: dai superfood ai vegani: dal biologico allo street food”. Nell’ordine: Enrico Corali, presidente di ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare); Giancarlo Paola, amministratore delegato di GMF – Gruppo Unicomm; Pompeo Farchioni, presidente e amministratore di Farchioni Olii Spa; Stefano Berni, direttore generale del Consorzio di Tutela del Grana Padano; Roberto Moncalvo, presidente di Coldiretti.
«Se guardassimo solo le tradizioni alimentari che abbiamo ereditato», esordisce Gardini, «avremmo imbalsamato l’eredità alimentare. L’eredità che abbiamo ricevuto dobbiamo riguadagnarla per possederla veramente e poter rispondere ai bisogni dell’uomo».
Corali ribatte: «ISMEA è l’ente che si occupa delle forme di finanziamento all’agricoltura e all’agroalimentare. La tendenza odierna è una crescita dei consumi di prodotti da agricoltura biologica, che non sono una moda, ma un’evoluzione nell’approccio con il cibo. Oggi c’è una maggiore sensibilità alla salute, all’ambiente, ai prodotti a filiera corta». Il vocabolario del consumatore si è arricchito di nuovi termini (senza glutine, free form, senza lattosio, con farina raffinata), le nuove esigenze hanno trasformato i prodotti in 2.0 con vari trend in atto, che rispondono al tema dell’incontro: biologico, vegano, superfood, street food.
Una tendenza confermata da Paola, manager della grande distribuzione: «Il benessere fisico e l’attenzione alla salute influenzano i consumi, il 40% dei consumatori dichiara che ha un’alimentazione a regime controllato, con meno zuccheri raffinati, sale, grassi, più latte di soia e senza lattosio, pasta integrale e gluten-free, prodotti free-from e alimentazione superfood». Ma tutti i nuovi prodotti fanno bene? «Probabilmente sì», ha affermato il relatore. «Ci sono studi scientifici a confermarlo, ma non è tutto. A dettare le regole sono le scelte etiche e territoriali, una maggiore attenzione al localismo e alla sostenibilità. Una certezza sono i cambiamenti degli spazi negli scaffali a cui la GdO si è adeguata: i prodotti bio e salutistici hanno ampliato gli assortimenti conquistando spazi ai prodotti tradizionali».
Farchioni, imprenditore agroalimentare umbro da dieci generazioni, è fermamente convinto che si debbano assecondare le nuove tendenze, ma senza rinunciare alla qualità: «Da un lato è vero che sono i consumatori a dettare le regole e influenzare i consumi, quindi dobbiamo ascoltare tutti, accettare le nuove filosofie, come per i prodotti che hanno ottenuto il marchio QAS qualità, ambiente, sicurezza». Si può fare innovazione, «prendiamo il caso dell’olio che si produce da millenni, ma l’importante è fare un olio buono e salubre» conclude.
Berni, a capo del consorzio del Grana Padano, prodotto simbolo del made in Italy esportato nel mondo, punta il dito sulla trasparenza: «Occorre essere leale con i consumatori, regolamentare le modalità delle informazioni sulle confezioni, in quanto il consumatore è indotto a credere a ciò che scritto in etichetta o sui siti. La quota di formaggi similari al Grana Padano che definisco “copioni” è più alta nella ristorazione che negli acquisti delle famiglie». A sostegno della sua tesi cita un dato: «Nel 2016 il 35 per cento della spesa dedicata all’alimentazione è avvenuta fuori casa nei 300mila punti di ristorazione in Italia. I formaggi similari svolgono lo stesso servizio, non si vedono e costano meno», in barba alla genuinità, qualità e, forse, salubrità.
Moncalvo, sposa le affermazioni fatte da tutti i relatori: «L’agroalimentare – è innegabile – crea reddito, lavoro, con un’attenzione all’ambiente e al futuro del paese. Anche il biologico italiano è una filiera leader a livello europeo con il 22% di aziende, le farmer market sono 1200, producono un fatturato di 2 miliardi di euro con 10mila occupati. Molte sono piccole aziende con una media di under 35 impegnati in agricoltura. Tradizione, innovazione, legalità e trasparenza sono i binari da percorrere insieme, che fanno il nostro paese leader anche nella sostenibilità sociale. Mi riferisco», conclude, «alla legge contro il caporalato che consente di produrre cibo attento all’uomo, allo sfruttamento di minori, unendo questa sensibilità al paesaggio unico e alla nostra cultura».