“Chiamati da ciò che ancora non è”

Press Meeting

Rimini, domenica 19 agosto – Nel cinquantesimo anniversario della morte, la XXXIX edizione del Meeting per l’amicizia fra i popoli ospita, nella Piazza B3, a cura dell’Associazione Rivela, la mostra Romano Guardini 1885-1968 “Vorrei aiutare gli altri a vedere con occhi nuovi”. Oggi, alle 17, in Sala Neri UnipolSai il convegno di introduzione allo sguardo del teologo all’esistenza del cristiano. “Romano Guardini non ha mai censurato se stesso: è questa l’attualità e il contributo del maestro di discepoli quali Hans Urs von Balthasar, Joseph Ratzinger, Luigi Giussani”. È Monica Scholz-Zappa, do-cente di Scienze Linguistiche e Culturali all’Università Albert-Ludwig di Friburgo in Brisgovia, che in-troduce il convegno e legge l’intervento di Hanna-Barbara Gerl-Falkovitz, professore emerito di Filosofia delle Religioni e Scienze Religiose Comparate all’Università di Dresda. La studiosa, impossibilitata per motivi di salute ad essere presente, segue l’evento in collegamento telefonico.

Guardini ha pensato e sperimentato il Dio vivente come forza del divenire stesso: come inizio della creazione ma, ancora di più, come della salvezza che viene dalla pura libertà dell’amore. Fino dalla sua ultima opera incompiuta – “L’esistenza del cristiano” – una domanda lo ha particolarmente ac-compagnato: “A quale trasformazione sono veramente sfidati, e di quale trasformazione sono ca-paci la coscienza cristiana e l’agire cristiano?”. Guardini guarda all’inizio “permanente”, al “principium”, che domina tutto ciò che verrà: “La vita sorge non solo nella prima ora, quasi una volta per sempre, così da andare poi avanti in una direzione lineare, ma risorge continuamente dalla profondità, dal nascosto all’aperto; da ciò che ancora non c’è al reale”. Quale profondità misteriosa viene qui intesa? Guardini chiama il destino più profondo dell’uomo “essere chiamato”. E ciò che chiama è una enorme volontà che “mi crea chiamandomi, così come sono, beato di essere. In questa chiamata non sono una copia, uno schiavo, sostituibile da mille altri, bensì sono libero, unico, dato nel suo essere sè”. Dovunque questa novità venga pianificata fin nel dettaglio – dove, per esempio, non venga più accettato il bambino come simbolo dell’inaspettato Nuovo – questa forza primaria, che tutto porta e tutto vuole, viene esclusa e diventa inefficace. “Lì non regna più il soffio vitale di un futuro donato, ma la vacuità della chiusura”.

Attraverso la Redenzione, in questa possibile chiusura accade un nuovo inizio, si sviluppa una seconda creazione. Il credente, però, mette il suo essere vivente a disposizione di questo divenire perché non deve semplicemente accadergli: la salvezza può realizzarsi solo attraverso la libertà; certamente operata da Dio, ma all’interno del vivo volere e operare dell’uomo, cioè nella sua fede. Nell’incontro dell’uomo salvato con il mondo si realizza l’Incarnazione di qualcosa che non è ancora stato. “Il mondo non è già compiuto. E non solo perché dovrebbe svilupparsi ancora oltre, diventare questo e quello. È qualcosa da intendere in profondità. Il mondo non sono le cose soltanto là fuori, ma quel che nasce dall’incontro tra l’uomo ed esse: l’uomo contempla, comprende, ama, trae a sè e respinge, crea e foggia. Le cose diventano per intero sè stesse, quando giungono nell’ambito dello spirito dell’uomo, del suo cuore e della sua mano”.

Questo mondo si costituisce senza posa. Perché il divenire sia possibile occorre, prima di tutto, la tensione umana fra il reale, che ci lega nella sua irriducibilità, e il possibile, in cui è dato di poter in-trodurre dei cambiamenti. Il divenire implica la libertà. Perché il Creatore ha osato mettere nelle mani della sua creatura lo strumento della libera decisione? Dio vuole vedere l’uomo lottare – proprio perché l’ha creato a Sua immagine. Anche questo fa parte della somiglianza con Lui: non un essere creato come marionetta, uno che riceva comandi, con il quale Dio avrebbe gioco facile, ma come un essere libero, un essere forte per vivere, creare, plasmare ciò che serve alla propria vita. Proprio in questo Dio provoca l’uomo ad “accettare sè stesso”, ad accettare una crescita verso la grandezza, ad accettare la lotta con la propria origine. È la concezione di uomo che si dispiega attraverso la lotta di Giacobbe con Dio. “Il “mio” inizio – dice Guardini col pensiero in riferimento ai santi – sono certamente quelle figure di amorevolissima gloria. La pienezza luminosa delle loro promesse è il punto di partenza della mia esistenza. Com’è possibile solo esprimere quella ineffabilità, che dal centro della propria essenza vibra verso di loro? In me, come colui che ora è, si trova ancora ciò che un tempo già fu, la pienezza dell’innocenza, della forza bella e luminosa, della santa esistenza di allora, ma ora persa. A questa esistenza appartiene e sfugge qualcosa di inef-fabile. Dentro tutto ciò Cristo pronuncia la sua parola. È solo Lui che scioglie l’incomprensibile, oscuro Mistero di come io sono, mostrando in lui stesso, ciò che deve essere e ciò che diverrà. Mettersi in cammino da questa oscurità vuol dire immettersi nel movimento di Cristo, volere il divenire verso di Lui. Con tutta la forza – perché è della grandezza della Grazia, che Essa desideri la nostra collaborazione. Questo”, conclude la docente, “mi sembra tocchi il nucleo del pensiero di Guardini: il suo sguardo escatologico sulla lotta di Dio con l’uomo”.

Sarà Hanna-Barbara Gerl-Falkovitz a ricevere il Premio Internazionale Medaglia d’oro al merito della Cultura Cattolica, il riconoscimento – giunto alla 36ª edizione – conferito dalla Scuola di Cultura Cat-tolica di Bassano del Grappa per indicare le personalità che abbiano saputo “fare della fede cultura”. L’annuncio è dato in apertura del convegno da Francesca Meneghetti, presidente della Scuola di Cultura Cattolica. Come scrive il prof. Lorenzo Ornaghi, presidente della Giuria che assegna il Premio, nella motivazione, – precisa Meneghetti – Gerl-Falkovitz, oltre essere tra i maggiori filosofi dell’attuale periodo storico, è interprete così acuta di Romano Guardini al punto da poter essere considerata “non solo l’erede intellettuale del filosofo e teologo tedesco di origine italiana, ma quasi una sua figlia spirituale”. Hanna-Barbara Gerl-Falkovitz è “la testimone autorevole dell’indispensabilità e vitalità del pensiero cattolico per l’intera cultura europea e per il futuro stesso dell’Europa”. La cerimonia di consegna del Premio si terrà a Bassano, presso il Teatro Remondini, venerdì 9 novembre alle ore 20,30.

(G.L.)

Scarica