Chi ha secolarizzato l’Europa?

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“L’Europa non esiste geograficamente, in quanto è una propaggine del continente asiatico. Esiste solo per la sua cultura e storia. Quello che fa la differenza con gli altri continenti è una certa idea di uomo, di lavoro, di felicità e di conoscenza”. Andrea Simoncini, docente di Diritto costituzionale all’Università di Firenze, ha introdotto con queste parole la tavola rotonda delle ore 15.00, nella sala D3 sul processo di secolarizzazione in atto nell’Europa.
Secondo Brad S. Gregory, professore di storia all’Università americana di Notre Dame, “la secolarizzazione è avvenuta grazie ai cristiani” e questo per un doppio paradosso. “Da una parte i loro sforzi per rendere la società più cristiana hanno sortito l’effetto opposto: aprire la strada al rifiuto delle idee e delle pratiche cristiane e allo sviluppo di processi alternativi”. I semi della secolarizzazione nascono inoltre in Europa dagli sviluppi della riforma protestante, quando emergono le problematiche della chiesa tardomedievale e i protestanti contestano l’autorità della chiesa cattolica romana. Tale contestazione, spiega Gregory, non avviene per un’incapacità a vivere gli insegnamenti della Chiesa da parte dei cristiani, “ma per la negazione della validità degli stessi insegnamenti”. I protestanti chiedono un ritorno alla pura scrittura, ma fra i diversi interpreti sorgono immediatamente divergenze dottrinali, e così nasce non solo la divisione tra cattolici e protestanti, ma anche tra le stesse confessioni protestanti che dura fino a oggi.
Adrian Pabst, docente di politica alla Kent University di Canterbury (Uk) analizza la differenza tra secolarizzazione e secolarismo: “La prima indica un processo di trasformazione religiosa riguardante i costumi, le istituzioni e le pratiche. Il secolarismo si riferisce alla laicizzazione di idee e ideali e arriva anche ad assumere toni fondamentalistici”. Attraverso un excursus lungo i secoli si giunge a un’era moderna definita da un dualismo tra sacro e profano. “La modernità – osserva Pabst – ridefinisce l’idea di santità, in quanto le cose importanti della vita diventano il potere e il denaro, giungendo così alla profanazione del sacro e alla sacralizzazione del profano”. La secolarizzazione è un fatto contingente e non definitivo, perciò modificabile: “Sono proprio le minoranze creative che vivendo in modo nuovo l’esperienza di fede possono vincere la battaglia tra secolarizzazione e fondamentalismo”.
Con Mauro Magatti, professore ordinario di Sociologia all’Università cattolica del Sacro Cuore di Milano, si riprende il filo del discorso dei relatori precedenti. Il sociologo individua nella società moderna occidentale il risultato di un rapporto complesso tra l’uomo e Dio. “Il cristianesimo che nasce dall’Incarnazione del Figlio di Dio fa emergere la questione del secolo: la necessità di non sovrapporre adesivamente l’esperienza religiosa a quella profana. Se tutto l’orizzonte della vita fosse preso da Dio, non ci sarebbe spazio per la libertà dell’uomo”. Dopo mille anni di cristianesimo, nella società occidentale matura un nuovo modo di pensare il rapporto col trascendente. Proprio in questo momento si presenta alla storia il primo laico, san Francesco, il primo uomo moderno dell’Europa. Il professore precisa che la secolarizzazione può essere intesa a due modi, come processo di autonomia dell’uomo, che non ha bisogno della trascendenza, ma anche come sforzo continuo di giusto rapporto tra l’uomo e Dio. Per spiegare questa duplicità Magatti propone una rilettura della parabola del Figliol prodigo. Noi moderni rientriamo nella figura del figliol prodigo, perché siamo tutti soggetti ai venti distruttivi della mentalità che ci circonda. Quale può essere allora in questo contesto il ruolo dei cristiani? “Testimoniare la nostalgia della casa del Padre, quindi un’idea ontologico-relazionale dell’essere nel mondo. Essere moderni significa stabilire legami sani con Dio e fra noi”.
(G.L., A.S.)

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