Chi guida la trasformazione digitale?

Press Meeting

Rimini, giovedì 23 agosto – In Arena Cdo for Innovation A5/C5 si parla ancora di trasformazione digitale. Partecipano: Alessandro Braga, chief digital officer di Talent Garden; Andrea Cioffi, CEO Digital Dictionary; Fabio Fraticelli, docente all’Università Politecnica delle Marche e direttore scientifico di TechSoup Academy. Introduce Giovanni Cattaneo, Relazioni Esterne, Fabbrica per l’Eccellenza.
Cattaneo chiede agli ospiti come venga guidata oggi la trasformazione digitale. Per rispondere, Fraticelli opera una distinzione fra il “digitale”, che è la tecnologia, e la “trasformazione digitale”, che sono le azioni e i comportamenti connessi. “Studiando il lavoro di un gruppo di studenti negli Stati Uniti – ha proseguito Fraticelli – ho capito che la trasformazione digitale non la guida necessariamente chi sta in azienda, ma molto spesso chi ne sta fuori. Inoltre, le idee non bastano ma occorre avere in azienda anche chi traduce in termini operativi. Se non c’è questa figura si corre il rischio di essere esclusi dalla trasformazione”. È con l’esperienza del Banco Alimentare che Fraticelli vede che il sistema digitale in un’azienda viene alimentato e cresciuto stando sui social, avendo un sito web aggiornato, attuando un adattamento continuo al mondo digitale esterno che cambia: è l’importanza di avere un ecosistema digitale in cui tutte le parti si parlano e si alimentano. “La trasformazione digitale non la fa un bravo tecnico ma si attua in un sistema di relazioni e di scambio”, riassume Fraticelli. La task force della trasformazione è costituito da tre figure: l’esperto che connette all’esterno, il saggio che prende decisioni e sostiene le azioni, l’operativo che attua. A volte succede che in azienda la trasformazione venga percepita come auspicabile ma che non si riesca ad attuare, è un problema di maturità digitale fatta di conoscenze, competenze e abilità. Inoltre più un’azienda ha tecnologia orientata a supportare la trasformazione e più questa diventa possibile.
Cioffi esordisce rivolgendosi al pubblico: “Tutti noi qui in sala stasera guidiamo la trasformazione digitale. Molti di noi ha uno smartphone, un profilo Linkedin, un account Facebook e usiamo Tripadvisor. Il modello della trasformazione è la condivisione che è la base della maggior parte dei modelli di business. Non ce ne accorgiamo, ma grazie alla condivisione stiamo cambiando tutti e questo succede anche per le aziende che vanno incontro così ad un darwinismo digitale”. Siamo immersi in un mondo che sta discutendo, progettando e attuando l’IoT (Internet of things), ci sono i robot con intelligenza sempre più sofisticata, le app dei cellulari sempre più “intelligenti”. Siamo nell’epoca della tecnologia diffusa. “Il problema – continua Cioffi – è la formazione delle persone; il centro resta la persona, che deve adattarsi per sopravvivere e fare sopravvivere il sistema in cui è inserita. Il mondo cambia radicalmente ogni cinque anni, occorre far nascere un nuovo umanesimo”.
Sulla stessa linea d’onda Braga, secondo cui “le piccole e medie imprese hanno capito che fare trasformazione digitale significa cambiare, fare evolvere le persone. Oggi mancano le competenze che quindi vanno formate. Ma il cambiamento incontra resistenze in azienda che derivano dal medio management arroccato sulle sue posizioni e timoroso dei cambiamenti. In questo modo il rischio è di sperperare i giovani talenti”. Chiede Cattaneo che cosa ci si aspetti dai prossimi tre anni. A detta di Fraticelli, il terzo settore ha meno risorse e quindi è più motivato ad attuare la trasformazione digitale. Braga vede due aspetti: “La capacità di scambiare idee è proporzionale al numero delle persone che interagiscono; inoltre è cambiata la forma del lavoro e della sua attuazione, le migliori idee non nascono tra le pareti di un ufficio ma nelle docce della palestra o sulla spiaggia, le idee escono nei luoghi della aggregazione spontanea”.

(A.Le.)

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