“Con questa mostra – ha sottolineato Giovanna Parravicini – la Fondazione Russia Cristiana torna a riproporre al Meeting l’esemplarità di momenti e personaggi della storia russa, come spunti per una riflessione sull’oggi”.
Nel 1901, come ha ricordato, in apertura del suo intervento, Aleksej Kozyrev, decano della Facoltà di Filosofia dell’Università Statale di Mosca, venne decretato dal sinodo ortodosso l’allontanamento dalla chiesa di Lev Tolstoj, che aveva dato voce a quelle domande inespresse, a quei conflitti che la gente aveva nel cuore e a cui non riusciva a dare un nome. “Era una società in cui mancava un’esperienza viva della persona di Cristo – ha detto Kozyrev –Tolstoi, nella sua ricerca inquieta, aveva dato risposte inaccettabili per la chiesa: la riduzione del Vangelo, la negazione dei sacramenti, ecc. La società colta si schierò in grande maggioranza dalla sua parte. Si era smarrito il nesso visibile tra le fede e le sue ragioni, la possibilità di diventare una vita trasfigurata”. La mostra è dedicata a questo conflitto, che abbracciò l’intera società, che dilagò e diventò l’apocalisse della storia russa. “Con il concilio della chiesa ortodossa del 1917, l’affermazione rinnovata della centralità della persona vivente di Cristo permise alla chiesa stessa di entrare nel periodo più buio del gelo dell’ideologia e di affrontare il martirio con ritrovata speranza”. Questa parte della storia russa mostra, a giudizio di Kozyrev, i paradossi, le apostasie, che hanno causato l’allontanamento della società dalla chiesa cristiana e che hanno contraddistinto la storia europea del 20° secolo. “Che cos’è la verità? La parola russa che la definisce – ha spiegato il docente di filosofia dell’università di Mosca – può riferirsi sia alla verità della ragione in senso filosofico, ma anche alla verità come giustizia. Nei russi c’è sempre la ricerca di queste due verità. Dostojevski scriveva: ‘se mai mi dicessero un giorno che la verità non è Cristo, preferirei restare con Cristo’.Questo è il modello della ricerca di un bene totale, assoluto che era sempre presente nella persona russa”. Kozyrev ha detto che Cristo venne percepito come un rivoluzionario da molti dei maggiori pensatori socialisti, che ne rifiutavano la natura divina e lo vedevano solo come un combattente per la libertà. C’era, all’inizio del 20° secolo, una contrapposizione tra chi cercava i fondamenti della vita della Chiesa e i pensatori radicali, i cosiddetti ‘cercatori di Dio’, che, non riconoscendo Cristo, volevano un Dio a loro misura, speravano in un terzo vangelo, e volevano una chiesa mistica al posto di quella ufficiale.
A giudizio di Vladimir Legojda, docente all’Università MGMO di Mosca e direttore della rivista ‘Tommaso’ del patriarcato moscovita, la situazione della Russia di oggi ha molti punti di contatto con quella di 100 anni fa. “Si parla spesso di rinascita religiosa in Russia, ma quantità e qualità non vanno sempre d’accordo. Durante le persecuzioni la fede era testimoniata dai perseguitati, con chiarezza. Oggi c’è molto formalismo. Ad esempio, i martiri degli anni Trenta non sono ricordati ma tutti sanno a quale santo rivolgersi per il mal di denti oppure per un esame all’università. Nei mesi scorsi, poi, è stata inviata al presidente Putin una lettera da dieci accademici, tra cui due Nobel, per denunciare il clericalismo della società di oggi, secondo gli schemi consunti dell’ateismo di ogni epoca, come il riferimento al processo a Galileo”.
M. T.
Rimini, 21 agosto 2007