“Io vedo scienziati, anche brillanti, che cercano di mettere tutta la realtà nel quadro di una teoria che va per la maggiore. Lo chiamo il complesso del calzascarpe, cioè il tentativo di mettere il piede grosso in una scarpa troppo stretta”. Così ha risposto il professor Bombieri a chi gli chiedeva un parere sull’idea che la scienza sia l’unica forma di conoscenza, destinata a scalzare la religione, dopo averne dimostrato la pericolosità. Una posizione comune a diversi scienziati italiani, non ultimo il professor Odifreddi. “La scienza non è in contraddizione con la religione di per sè – ha aggiunto il matematico, docente all’Institute for Advanced study di Princeton – Il pericolo non sono la scienza o la religione, ma il proselitismo. Se la scienza diventa uno strumento per ridurre tutto a sè, allora è un pericolo. E così anche la religione”.
Secondo Bersanelli, docente di Astrofisica all’Università di Milano, l’uomo contemporaneamente ha in atto modi distinti e non contraddittori di conoscere.
“L’aspetto scientifico della nostra indagine si rivolge alla sezione finita e misurabile della cose – ha affermato Bersanelli – La persona umana non è riducibile alla misura scientifica. C’è un “io”, c’è un mistero dietro a quella fisicità: tutte cose che non posso prendere, misurare e pesare. La religione è quell’aspetto della nostra apertura al reale che si interroga, che si apre ad un senso ultimo delle cose”. “La contraddizione – ha concluso l’astrofisico – esiste solo nel caso di un’aberrazione di uno o dell’altro metodo che pretende di rispondere a domande alle quali non è in grado di far fronte”.
In precedenza, il professor Bombieri aveva detto che il “matematicamente certo” nel mondo ordinario è molto difficile se non impossibile da raggiungere, perché nella vita di tutti i giorni si sovrappongono vari “territori” e c’è bisogno di un linguaggio più complesso, perché il concetto di verità si fa più delicato.
Quanto alle certezze assolute, Bombieri ha sostenuto che nella scienza non ne esistono, ma non si può negare che non ci sia un concetto di verità. “La verità scientifica muta col tempo e con le nuove informazioni – ha spiegato il matematico – Non può fermarsi mai né assolutizzare modelli esplicativi. Se uno scienziato difende accanitamente le sue scoperte, rifiutandosi di accogliere delle critiche, allora non è più tale, diventa soltanto uno che difende il suo territorio. Di qui, però, non nasce, come conseguenza necessaria, la negazione del concetto di verità. È piuttosto un diamante che ha diverse facce, ognuna con una sua luce”.
A questo proposito, Bersanelli aveva messo in guardia da posizioni rischiose. “Sostenere che nella scienza non ci sono verità assolute – aveva detto – può far comodo a qualcuno per dire che in nessun campo ci sono verità stabili e durature. Chi confonde i piani e dice che non ci sono verità ultime poi si sente autorizzato a fare quel che vuole di tutto e di tutti”.
D. B.
Rimini, 20 agosto 2007