“Sulla bellezza si parla molto, ma spesso si scade a livelli di sentimentale leggerezza”, ha affermato Marco Bona Castellotti, docente di Storia dell’Arte moderna alla Cattolica di Brescia, introducendo l’incontro (alle ore 15 in Sala Neri, gremita di persone). Dopo aver ricordato il contributo del cardinale Ratzinger al Meeting 2002, “una pietra miliare dell’estetica cristiana e cattolica contemporanea”, il moderatore ha dato la parola a monsignor Luigi Negri.
Il vescovo di San Marino-Montefeltro ha sottolineato che “la cultura è una dimensione essenziale dell’uomo e della persona”, segnati a loro volta da un’apertura alla verità, al bene, alla giustizia e alla bellezza. “Ma la persona – ha proseguito Negri – non solo è aperta al Mistero, ma è anche legata organicamente a un popolo. La persona e il popolo, dunque, sono il contesto genetico fondamentale anche dell’arte”. “Arrivato nella mia diocesi – ha ricordato monsignor Negri – ho trovato un ricchissimo patrimonio artistico e culturale, singolare espressione del movimento, nella storia, del popolo cristiano. Mi sono detto: devo favorire un incontro vivo tra il presente di questo popolo e una grande tradizione che ci ha preceduto”. In questo contesto si collocano la ristrutturazione di decine di monumenti, tra cui la Pieve di San Leo, e la nuova attività del Museo diocesano del Montefeltro.
Cristina Acidini, soprintendente del polo museale di Firenze, dopo aver segnalato che i termini evocati dal titolo dell’incontro “sono oggetti culturali delicati”, ha incentrato il suo intervento sui due concetti: condivisione e cura. “Il Museo – ha detto il soprintendente – è un luogo di eccellenza, di incontro e di condivisione. Diventa anche luogo di riconciliazione. Abbiamo bisogno di raccordarci col nostro passato: la bellezza delle opere d’arte rappresenta un varco, in questa direzione”. L’Italia stessa è un museo diffuso, c’è “una ricchezza sparsa a mosaico nel nostro paese”. La dottoressa Acidini, riprendendo un’espressione di san Paolo (“Siamo tutti collaboratori…”), ha concluso indicando un compito comune: “Tutelare e tramandare questi beni culturali che cominciano dal luogo in cui abitiamo”.
Il ministro dei Beni e attività culturali Lorenzo Ornaghi ha introdotto il suo intervento parlando del valore che don Giussani ha sempre attribuito alla Bellezza, al compito educativo che essa svolge, al suo valore antropologico, “perché ci costringe ad interrogarci sulla domanda: che cos’è l’uomo?” Anche se la cultura è una via privilegiata per rispondere al desiderio di bellezza, ha precisato il ministro – non si può sottacere che la parola cultura ha molte sfaccettature. In questo senso però “non si può accettare di affidarla ad una gerarchia, ma è necessario il connubio con il popolo e lo sforzo di tutti per ‘andare sotto la superficie’ e così distinguere il contingente dal duraturo, sebbene questa distinzione richieda uno sforzo. Senza una tale condivisione non si arriva a nulla”.
Ma nel parlare di bellezza e cultura, continua il ministro, dobbiamo domandarci: “Che cultura è? Quali valori costruisce? Su quali valori si fonda?” Il ministro cita il cardinale Julien Ries, parlando di “corrispondenza tra l’animo di ognuno e la realtà in cui siamo immersi”. Da un lato c’è la irripetibilità e irreplicabilità della persona umana intesa come soggettiva e dall’altro la realtà oggettiva in cui ognuno è immesso, “realtà che non è solo mia, ma è armonia che Dio ha installato fin dalla creazione”.
Come ricorda Benedetto XVI (l’intervento di Ornaghi è ricchissimo di citazioni) la bellezza colpisce e cioè attira, ma può dare sofferenza. “Proprio così però richiama l’uomo al suo destino ultimo, lo rimette in marcia e lo riempie di speranza, donandogli il coraggio di vivere fino in fondo il dono dell’esistenza”.
(M.L.A., V.C.)
Rimini, 20 agosto 2012