Bella zio

Redazione Web

Un grande campione, Beppe Bergomi, racconta la sua storia

 

Rimini, 21 agosto – Grande entusiasmo e interesse all’Arena dello Sport Village del Meeting dove è stata tributata una calorosa accoglienza al capitano di mille battaglie, protagonista di grandi vittorie come capitano dell’Inter e della squadra azzurra, a partire dal suo folgorante esordio a soli 18 anni nella nazionale di Enzo Bearzot campione del mondo in Spagna nel 1982.

Beppe Bergomi e la sua biografia sportiva “Bella zio”, scritta con Andrea Vitali, sono stati introdotti da un altro ex campione, il pallavolista Giacomo “Jack” Sintini, sales manager in Randstad Sport, anch’egli attratto dopo la carriera dalla possibilità di trasferire dinamiche sportive in campo aziendale. Un video ha mostrato alcuni momenti dell’ineguagliabile carriera sportiva del campione interista, che si è detto sempre emozionato soprattutto nel rivedere le scene della sua partita d’addio dopo vent’anni trascorsi sui campi di gioco.

«Varie volte, anche ora che sono commentatore su Sky, mi era stato chiesto di scrivere un libro. Ho deciso di farlo rincontrando Samuele Robbiani (co-autore del libro, counselor in psicologia dello sport e docente Randstad Hr Solutions) con cui avevo collaborato nel Como, decidendo di raccontare la mia vicenda da quand’ero piccolo fino al mondiale vinto a 18 anni e mezzo. Prima mi ha intervistato Radio Vaticana. Nell’immaginario sportivo la figura del calciatore è sinonimo di grandi guadagni, di superficialità ma ognuno di noi ha una diversa “chiave d’entrata” e i ragazzi hanno bisogno di esempi positivi. Ho lavorato in vari settori giovanili, facile e no. L’ho fatto sempre pensando alla crescita dei ragazzi, al bene loro, perché ognuno di loro potesse trovare la propria strada. Devono imparare a resistere ai momenti difficili. La fatica fatta viene sempre ripagata».

Per Samuele Robbiani questo libro ha la bellezza «del sentirsi raccontare storie che significa coinvolgimento, aspettativa di attese, condivisione di sogni. Quando ho conosciuto Beppe ho sentito che era una persona che aveva una storia da raccontare. Beppe lo conoscono tifosi di tutte le generazioni. Anche i bambini perché è anche la voce della playstation Fifa. Il messaggio della sua esperienza è che non incontriamo tanto la storia di un eroe sportivo ma che questa società ha bisogno di esempi. I campioni sono tali nel momento del trionfo, ma nel resto della loro vita sono persone che si allenano e fanno fatica per raggiungere il loro obiettivo. E poi c’è anche la dimensione della responsabilità, che Beppe seppe mostrare affrontando a 18 anni la finale di coppa dei mondo. La crescita fuori dal campo fa crescere anche in campo».

«A 18 anni – ha aggiunto Bergomi – c’è sicuramente un po’ d’emozione ma anche la vicinanza di grandi compagni e un allenatore che è stato per me come un secondo papà, avendo perso il mio molto presto, come Enzo Bearzot. Ho fatto quattro mondiali e all’ultimo avevo le “farfalle nello stomaco” più che nel primo. Il soprannome di ”zio”, per via dei baffi, me lo diede Giampiero Marini, mio compagno di camera. Ricordo che esordì contro il Brasile marcando Serginho, che era grosso che pareva una montagna. Le emozioni che da la maglia azzurra non le da nessun’altra maglia e ringrazio sempre per tutto Enzo Bearzot».

 

(M.T.)

 

Responsabile Comunicazione Eugenio Andreatta tel. 329 9540695 eugenio.andreatta@meetingrimini.org

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