Ragione, politica, storia, tradizione. Con questi argomenti, alla luce del pensiero di Augusto Del Noce, si sono cimentati il filosofo, e senatore della repubblica, Rocco Buttiglione, il rettore dell’Università cattolica del Sacro Cuore, Lorenzo Ornaghi, e Alberto Mina, direttore delle relazioni esterne, internazionali e comunicazione della regione Lombardia, curatore di una recente antologia proprio su Del Noce. Mina ha presentato criteri e ragioni del suo lavoro, soffermandosi sui passaggi cruciali del pensiero di Del Noce e ha coordinato l’incontro.
Ornaghi è partito dal giudizio di Del Noce sulla politica del Novecento che, secondo il grande filosofo, andava ripulita dalle incrostazioni ideologiche e ricondotta ai suoi fini essenziali “fra i quali – ha osservato il rettore – non vi è certamente la sua autoconservazione”. “Del Noce – ha continuato Ornaghi – affermava che se la politica non vuole tradire il suo compito deve avere al fondo un’antropologia, perché le ideologie, pur necessarie, non posso essere fine e fondamento dell’agire politico. Mentre ancora oggi, in quella sorta di riedizione delle repubbliche letterarie di settecentesca memoria, si sostiene il primato della politica ideologica sull’antropologia. E pensare che Del Noce non considerava neanche la democrazia un regime perfetto e salvifico e ricordava che superiore alla democrazia è la stessa persona”.
Buttiglione, per oltre venti anni discepolo di Del Noce, ha sostenuto la sintonia totale del grande filosofo con don Giussani a proposito del concetto di ragione e dell’importanza dell’esperienza come fattore conoscitivo e di giudizio sulla realtà. Buttiglione è partito da Cartesio, vero fondatore della scienza moderna, per soffermarsi sui due eredi del pensatore francese: Spinoza, che “voleva costruire una geometria razionale del cuore umano” e Pascal, secondo Bottiglione, vero continuatore del maestro, che aveva capito come ci fossero delle ragioni del cuore che la ragione non poteva conoscere. Da Spinoza è disceso il positivismo con la sua idea riduzionista di ragione che declassa l’uomo ad oggetto di scienza fisica. Da Pascal deriva una visione del mondo non fatto di puri oggetti e nel quale l’uomo si orienta partendo dalla sua esperienza e dialogando con la tradizione. “Ciò che hanno sempre sostenuto ed insegnato Del Noce e don Giussani”, ha affermato Buttiglione. “Capisco meglio me stesso – ha proseguito il senatore – paragonandomi con gli altri. L’idiota, infatti, è colui che si rifiuta di fare i conti con la tradizione”
C’è stato tempo anche per alcune battute sul “Manifesto dei conservatori” di Roger Scruton, inserito da Buttiglione nella scia della tradizione empirista inglese, da sempre consapevole dei limiti della ragione e attenta al valore dell’ esperienza. Secondo Buttiglione, “c’è in Scruton un dialogo che merita di essere proseguito”.
Ornaghi, infine, ha ripreso il significato della tradizione, di quei fondamenti, di quel depositum fidei, senza il quale una civiltà inesorabilmente declina: ed ha concluso richiamando una questione da lui sollevata fin dalle prima battute del colloquio di oggi. “Queste idee – si è chiesto – che sembrano così suasive, riescono davvero a cambiare in meglio qualcosa del mondo? Credo che questo sia il problema che abbiamo, soprattutto rispetto ai giovani. Se non riusciamo a dire ai più giovani che tutto questo è immediatamente, e sulla base dell’esperienza, connesso ad una causa, ad una passione, ad una grande motivazione, credo allora che questo declino della civiltà che avvertiamo, questo senso di morta gora, sia destinato ad accompagnarci purtroppo ancora tanto tempo”.
D.B.
Rimini, 21 agosto 2007