Almeno quattromila gli spettatori che, alle 11.15 di lunedì 22 agosto, hanno accolto con calore Lucio Rossi nell’auditorium B7. Certamente per la maggior parte non specialisti di atomi: probabilmente però saranno stati spinti dalla curiosità per la fisica, disciplina che si presta in modo particolare ad approfondire il tema del Meeting, quello della certezza. Rossi ha risposto alla loro attesa esponendo in modo sintetico e vivace cosa significa ricercare la certezza nel mondo della ricerca scientifica, calando il tutto nell’esempio concreto dell’attività di fisica delle particelle attualmente in corso al Cern di Ginevra. Lo scienziato italiano infatti è il capo del gruppo Magneti, Criostati e Superconduttori, uno dei gruppi chiave dell’apparato scientifico e tecnologico di LHC, il super-acceleratore che è al centro dell’attenzione scientifica di tutto il mondo per i risultati che potrebbero presto essere raggiunti. permettendo di svelare aspetti fondamentali della natura intima dell’universo.
L’incontro, che presentava anche l’omonima mostra allestita in piazza Siemens A1, è stato introdotto da Mario Gargantini, giornalista e direttore della rivista Emmeciquadro. “La mostra è nata non solo dalla provocazione del titolo del Meeting”, ha voluto precisare Gargantini, ma anche dalle parole che il beato Giovanni Paolo II aveva pronunciato nel 1982 durante una visita al Cern. “Insomma sono i segreti della materia, della sua composizione e della sua energia fondamentale che voi cercate di decifrare – disse in quell’occasione papa Wojtyla – Per questo […] tutti gli uomini sono interessati o almeno sollecitati, perché si svela una parte del loro mistero. Dico ‘una parte’. Perché davanti all’immensità e alla complessità delle cose ancora da scoprire in questo campo, voi siete, da veri scienziati, colmi d’umiltà. Esistono delle componenti elementari e indivisibili della materia? Quali sono le forze che agiscono tra esse? È come se queste domande indietreggiassero man mano che voi avanzate”.
Ed è proprio da queste domande che prende le mosse l’intervento di Rossi. “Perché esiste il Cern? Per rispondere a delle domande. E le domande esigono delle risposte certe”. Ma subito precisa: “La certezza scientifica non è una cosa che raggiungi e ti metti in tasca. È qualcosa di dinamico, un cammino che ti apre sempre di più alla conoscenza della realtà”.
A quali domande si vuole rispondere al Cern? Rossi ha spiegato in modo accessibile ma preciso che l’attuale teoria che descrive la struttura più intima della materia, il cosiddetto modello standard, prevede l’esistenza di sei quarks e sei leptoni, più le corrispettive anti-particelle. Esistono inoltre quattro particelle di interazione, corrispondenti alle quattro forze fondamentali. Perché esistono tutte queste particelle? Perché tante interazioni? E, soprattutto, cos’è la massa? Queste domande fondamentali tuttora irrisolte (alle quali, nel frattempo, se ne sono aggiunte altre, per esempio sulla materia oscura e sull’energia oscura che sembrano costituire la maggior parte dell’universo) hanno suscitato teorie e ipotesi, la più famosa quella del professore scozzese Higgs e dell’omonimo bosone. Di qui il progetto dell’acceleratore LHC, cominciato circa trent’anni fa e che recentemente ha dato i primi risultati scientifici.
“Alcuni dicono che la scienza nasca dal dubbio. Non è vero. Proprio LHC dimostra che la scienza nasce da un’ipotesi positiva che, ovviamente, deve essere verificata”. Nell’esporre il funzionamento dell’enorme acceleratore e del lavoro fatto in trent’anni, Rossi ha spiegato che la ricerca scientifica ha le caratteristiche di ogni altra attività umana e che quindi la certezza cercata richiede fatica, capacità di guardare e, soprattutto, la libertà personale nel rispondere alla realtà, di cui lo scienziato è un umile servitore. Di certo non si tratta di una semplice constatazione di dati che non implica la libertà di chi guarda. “La verità è altro da noi, non la inventiamo noi. Ma riconoscere una certezza dipende da noi”.
Cos’è quindi la certezza per chi fa scienza? Potrebbe sembrare che il progresso scientifico e il continuo superamento dei modelli passati siano prova che la certezza non esiste, che ciò che è vero oggi possa essere smentito domani. Conclusioni, stando alla relazione di Rossi, che nascono da un concetto sbagliato di certezza. Per il fisico italiano, raggiungere la certezza è un processo dinamico che apre a sempre nuovi orizzonti e domande, tramite il raggiungimento di alcuni “punti di non ritorno, cioè risultati di cui non è ragionevole dubitare”, come ha chiosato Gargantini, che ha concluso: “L’uomo, spinto dal desiderio di un incontro sempre più pieno con la realtà e da un’indomabile tensione al vero, può acquisire conoscenze certe anche se attraverso processi fragili e complessi”.