“Il nostro intento non è presentare questa mostra per un interesse storico, ma capire chi siamo noi”, così ha esordito Bernard Scholz, presidente della Compagnia delle Opere, all’incontro delle 19 in sala A3, cui hanno partecipato Mariella Carlotti, insegnante, ed Enrico Loccioni, presidente del Gruppo Loccioni. “Quando la certezza diventa creativa – ha osservato – nascono opere come l’Ospedale di Santa Maria della Scala a Siena e quelle presenti nel padiglione fieristico che ospita le esperienze che orbitano attorno a CdO”.
“Un’opera nasce sempre dalla commozione di una persona – ha affermato Carlotti – come quella che il beato Sorore cominciò nel IX secolo ospitando a casa sua i pellegrini che si recavano a Siena”. Così, grazie al volere dei canonici della cattedrale, nasce la struttura che divenne poi l’Ospedale di Santa Maria della Scala, retto da una comunità di laici consacrati (gli oblati di Santa Maria) affiancati da numerosi volontari, tra cui Caterina da Siena. Nella sua crescita esponenziale, ha raccontato Carlotti, non sono mancati contenziosi e momenti di declino dovuti alla separazione tra chi costruiva l’opera (gli oblati) e chi la governava (i canonici).
Realizzati da Lorenzo Vecchietta a metà Quattrocento, gli affreschi raccontano in quattro fotogrammi le radici della storia dell’Ospedale, mentre quattro grandi scene ne documentano gli scopi: cura degli infermi, elemosina, accoglienza (possibilmente fino alle nozze) dei “gettatelli”, banchetto per i poveri. “Abbiamo voluto concludere la mostra – ha proseguito l’insegnante – con il registro dei testamenti, che include quello del Vecchietta, il quale, dopo aver donato i suoi beni all’Ospedale firma il testamento raffigurando la resurrezione di Gesù in lamina d’oro e china, a dimostrazione del fatto che tutta la creatività, tutta la carità, nasce dalla certezza di uomini che sentono come proprio il nome di Cristo risorto”
“Dare valore alle cose che contano e non a quelle che si contano” potrebbe essere invece il filo conduttore dell’intervento di Loccioni, che ha descritto la storia della sua impresa. Il gruppo sviluppa sistemi di controllo automatici su misura per grandi clienti industriali ed è nato “con la chiarezza di ciò che non volevo fare” e si è sviluppato attorno all’idea di coinvolgere, formare e motivare soprattutto i giovani (l’età media dei dipendenti è di trentatrè anni). L’attenzione alle persone, alla cultura d’impresa e all’innovazione hanno portato il gruppo ad essere per sei anni consecutivi tra i 35 migliori ambienti di lavoro in Italia, mentre Loccioni ha vinto, tra gli altri, il premio quale imprenditore dell’anno 2007.
“Per poter sopravvivere nei momenti di difficoltà – ha raccontato – abbiamo diversificato i mercati così come i contadini diversificano i prodotti”, strategia che ha portato, attraverso una serie di progetti (formazione del personale all’interno dell’azienda, coinvolgimento dei pensionati nella formazione dei giovani dipendenti, valorizzazione del territorio e sostenibilità), ad intendere il lavoro “non come una proprietà privata, ma un bene pubblico”, così da “pensare alla bellezza delle cose ed aver presente i valori tangibili”.
Tra affreschi medievali e gruppi industriali odierni, rimane la certezza di aver assistito all’esempio compiuto di un tentativo che si sta vivendo ora e non alla nostalgia per il passato. In questo quadro rientra anche l’impegno di CdO di restaurare una “biccherna” senese (tavoletta dipinta con la quale si rilegavano i libri dei conti) del 1600.