Amicizie inesauribili. Don Pino Puglisi, la testimonianza del martirio

Redazione Web

Amicizie inesauribili. Don Pino Puglisi, la testimonianza del martirio

Quel sorriso che cambia i cuori

 

Rimini, 21 agosto 2023 – È la sera del 15 settembre 1993 quando Palermo e l’Italia sono scosse da un altro omicidio mafioso, dopo le due orrende stragi del 1992. Padre Pino Puglisi, parroco di Brancaccio, uno dei quartieri più popolosi di Palermo, viene ucciso mentre si reca ad una festa organizzata per lui. Mandanti, i mafiosi della famiglia Graviano, malavitosi “di lignaggio”. Esecutori, Salvatore Grigoli e Gaspare Spatuzza, due killer che molti anni dopo, nel 2008, collaborando con i magistrati nel processo per la strage di Capaci, diranno al giudice Antonio Balsamo, autore di “Mafia. Fare memoria per combatterla” (Vita e Pensiero), di «avere ucciso un santo» e di «avere iniziato a collaborare con la giustizia nel 2008 dopo una messa in cui c’erano tanti riferimenti a don Pino».

A trent’anni dall’omicidio del beato Pino Puglisi, dunque, il Meeting per l’amicizia fra i popoli ricorda il suo martirio ripercorrendo la sua testimonianza umana e sacerdotale di grande attualità, in cui la resistenza cristiana di fronte alla mafia ha assunto la specifica e prioritaria consistenza di un’appassionata azione educativa, rivolta particolarmente alle giovani generazioni, mossa dalla costante tensione alla verità della persona e dei suoi legami sociali.

Salvatore Taormina, Redazione Culturale del Meeting per l’amicizia fra i popoli, apre l’incontro con il ricordo di un incontro casuale con don Pino a luglio 1993, avvenuto in piazzetta Sett’Angeli a Palermo. Taormina ricorda il saluto finale con don Pino, «accompagnato da un consueto sorriso, quel sorriso di cui si sarebbe tanto parlato, negli anni a venire. Quel sorriso non era un genere letterario, ma aveva una forza dirompente di cui si erano avveduti i mafiosi di Brancaccio. Lo scelsero come bersaglio proprio perché dietro quel sorriso c’era molto di più. Come una luce gentile che ci scava dentro il cuore».

La moderazione dell’incontro è affidata a Vincenzo Morgante, attualmente direttore di rete di TV2000 e che all’epoca era nella redazione della TgR Sicilia. Stupisce il pezzo di vita personale di Morgante e della sua famiglia, che incrocia quello di don Pino: «Era innamorato della vita, innamorato del gregge che Dio gli aveva affidato», ricorda Morgante che, commuovendosi due volte e dicendo stentoreo che «c’è una incompatibilità totale tra essere cristiani ed essere mafiosi», aggiunge: «Sono onorato di aver conosciuto “don tre P”, padre Pino Puglisi. La mia sposa è stata sua alunna e ricordo che mio suocero organizzò una raccolta fondi per sostenere la costruzione del centro di don Pino, a Brancaccio. Don Pino mi invitò a Brancaccio, io ero precario alla Rai e proposi il servizio, ma mi dissero di no. Tempo dopo andai a fare il servizio: lo chiamai, fu disponibile, e quel servizio, quella conoscenza, quel dialogo hanno segnato molto il mio percorso professionale. Scoprii solo tempo dopo che don Pino in quel momento era nel pieno delle minacce mafiose. Mia moglie aspettava il primo dei nostri sei figli, Giuseppe, che ha compiuto 18 anni proprio nel giorno della beatificazione di don Pino».

S.E. Mons. Corrado Lorefice, arcivescovo di Palermo, ricorda che quando il suo predecessore, il cardinale Salvatore Pappalardo, cercava un parroco per Brancaccio, tutti dicevano di no e don Pino invece accettò lasciando ogni altro incarico, perché Brancaccio avrebbe assorbito totalmente la sua dedizione. Lorefice ripete l’ammonimento fatto il 9 maggio 1993 dall’allora papa Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi, quando gridò ai mafiosi: «Convertitevi!». Un messaggio ripetuto, con altri toni, da Francesco cinque anni fa, quando disse: «Fratelli mafiosi, convertitevi! Se continuate così accumulerete la peggiore delle vostre sconfitte». «Lo specifico dei cristiani», ha spiegato mons. Lorefice, «è che dobbiamo conservare le stesse viscere di misericordia del Signore: dinnanzi alla sofferenza e all’oppressione non solo ci indigniamo, ma ci coinvolgiamo. E ci coinvolgiamo con tutti quelli che sono ancora capaci di avere viscere di misericordia: questo è il compito che il Papa affida alle comunità cristiane di Palermo e a tutti», conclude l’arcivescovo di Palermo.

Nella sua testimonianza Balsamo ha ricordato la forza dirompente del messaggio cristiano per «togliere radici al messaggio mafioso».  Don Pino, ha aggiunto il magistrato, «viene colpito da Cosa Nostra perché si vuole spezzare il suo disegno di risanamento morale e sociale che passa attraverso la mobilitazione delle migliori energie della società civile, lo stesso lavoro intrapreso da persone come Piersanti Mattarella e Salvatore Pappalardo, che distruggeva dalle fondamenta il consenso sociale della mafia proprio nelle zone più difficili di Palermo. Un sorriso che aveva una portata rivoluzionaria».

(G.D.G.)

 

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