«I nostri pilastri sono i giovani, l’educazione ed il lavoro. Noi investiamo tantissimo nell’orientamento al lavoro e andiamo quotidianamente nelle scuole per aiutare i giovani ad introdursi nel mondo del lavoro attraverso la metafora sportiva». Questi sono i principi alla base del progetto “Allenarsi per il futuro” promosso da Randstad HR Solutions e messi in chiaro da Fabio Costantini e Maria Picone, rispettivamente chief operations officer e career advisor della multinazionale olandese che da oltre 50 anni si occupa di ricerca, selezione e formazione di risorse umane. Un progetto che in tre anni, insieme all’azienda tedesca Bosch e al suo ambassador Stefano Paganini, ha visitato più di 800 scuole, incontrato oltre 170mila ragazzi e attivato circa 2500 tirocini. E il titolo dell’incontro delle 15 “Mini Olimpiadi di ‘Allenarsi per il futuro’” ha incuriosito i tanti giovani (ma non solo) presenti nella Sala Poste Italiane A4.
Accanto ai dirigenti delle due aziende sono intervenuti quattro testimonial sportivi d’eccezione che, attraverso il racconto della loro storia e vita, rimangono parte integrante ed essenziale del progetto. «Noi cerchiamo di far capire ai ragazzi l’importanza dell’alternanza scuola – lavoro: essa permette di trasformare il sapere in saper fare» ha detto subito Patrizio Oliva, oro olimpico nei superleggeri a Mosca 1980. «La mera conoscenza non serve, se non la trasformiamo nella pratica. Nello sport questo è calzante: non vince chi sa la tecnica migliore, ma chi la sa mettere in pratica nel modo migliore». L’ex pugile ha infine lanciato una provocazione ai giovani: «Nella vita bisogna fare fatica e rischiare, perché i risultati importanti non esplodono dal nulla. Per questo bisogna tenere duro fino alla fine».
Chi ha combattuto fino alla fine è stato sicuramente Giacomo Sintini, pallavolista con 77 presenze nella nazionale italiana e oro agli europei di pallavolo del 2005. Nel 2011, all’età di 32 anni, nel bel mezzo della sua brillante carriera, gli viene diagnosticato un tumore al sistema linfatico. «È stata durissima, mi credevo morto, ma da lì ho capito che nella vita non si può fare niente da soli. Ci vuole una squadra e la mia squadra erano i medici e i miei cari. Dopo 8 mesi di chemioterapia sono guarito e ho imparato che non bisogna mai arrendersi. La squadra va messa sempre al primo posto». Una determinazione e una tenacia che ha commosso il pubblico presente e che ha portato “Jack”, a due anni dalla malattia, a vincere tutto con la maglia di Trento.
E di determinazione ne ha avuta tanta anche Moreno Torricelli, difensore della Juventus tra il 1992 e il 1998. «All’inizio lavoravo in fabbrica e giocavo a calcio di sera nei dilettanti. Poi quel grande uomo di Trapattoni mi notò in una amichevole e mi portò alla Juventus. Avevo sempre sognato di diventare un calciatore ed è solo credendo tanto nelle proprie qualità che i sogni si possono avverare. Ognuno a suo modo è unico».
Una storia unica come quella travagliata di Mara Santangelo, campionessa di tennis e vincitrice nel doppio femminile del Roland Garros del 2007. «Tutti i medici mi dicevano che non potevo giocare a tennis per una malformazione ad entrambi i piedi, ma io non ho mollato» ha raccontato. «La mia infanzia è stata turbolenta. I miei genitori erano separati ed ho perso la mamma in un incidente stradale quando avevo 16 anni. Da quell’episodio mi sono promessa che avrei raggiunto risultati importanti. La motivazione per me era fortissima. Ho iniziato a lavorare tanto sulla mente e a credere sempre in me stessa». Infine ha confessato: «Il match point più bello è stato l’incontro con la fede. Prima avevo tutto quello che il mondo può credere che serva: fama, successo, soldi, la stampa che mi osannava, ma non ero felice. Poi ho fatto un pellegrinaggio a Medjugorje e la mia vita è cambiata: ho perso quello che avevo prima, ma ho guadagnato tutto quello che si trova nella fede e nelle piccole cose», ha concluso la tennista.
I quattro hanno voluto concludere l’incontro con un grande video-selfie che ha coinvolto la platea all’urlo di “Andiamo a vincere”. E noi diciamo grazie a loro che ci hanno testimoniato che nella vita, così come in campo, si vince attraverso la fatica.