Dall’anno prossimo il Meeting di Rimini ospiterà al suo interno un forum in cui politici, intellettuali, manager di aziende profit e no profit si incontreranno per valutare i progressi che si stanno facendo per uno sviluppo sostenibile, in cui i popoli e non gli stati siano i protagonisti degli inevitabili cambiamenti a cui il mondo sta andando incontro. La proposta di Alberto Piatti, segretario generale della fondazione Avsi, avanzata questo pomeriggio nella sala C1 Siemens, è stata subito accolta da Jeffrey Sachs, professore alla Columbia University e consulente del segretario delle Nazioni Unite, da Paolo Scaroni, ad di Eni e da Bernhard Scholz, presidente della Cdo, che moderava l’incontro. Si era appena parlato di come arrivare a condividere le risorse del pianeta e gli interventi degli ospiti avevano fatto intravvedere qualcosa di più di un’analisi: avevano dimostrato che una strada era stata già intrapresa e che i passi futuri dovevano essere verificati.
L’incontro è stato aperto da Scholtz, che aveva ripreso il titolo del Meeting per chiedersi come fosse possibile condividere le risorse del pianeta in modo che esse siano utili e accessibili a tutti. “Riscontriamo una economia in forte crescita – ha detto il presidente della CdO – a dispetto della crisi italiana, in vaste aree del mercato internazionale, sul modello di sviluppo delle imprese in India e in tanti altri stati africani. Le vaste aree di criticità si basano anche sulla disponibilità del capitale sociale, da sempre elemento di grande importanza nello scacchiere economico mondiale. In questa sede spesso si parla più di società e meno di stato. Se ci aspettiamo che i governi agiscano da soli, non potremo mai pensare ad un’ottica integrata rispetto allo sviluppo economico mondiale. È necessaria una vasta collaborazione a livello mondiale per fare in modo che la gente ci segua”.
Jeffrey Sachs ha detto di essere stato colpito da quanto avviene al Meeting e che vorrebbe vedere a Rimini molti suoi colleghi americani, che così potrebbero riportare in patria “l’ottimo esempio”. Il mondo di oggi, secondo Sachs, può essere definito solo da una parola: complessità. “La crisi economica può essere a volte globale – ha detto – ma può anche non esserlo, visto che, come in questo caso, colpisce soprattutto l’Europa e gli Stati Uniti. La geopolitica mondiale sta cambiando, passiamo da un potere mondiale a poteri regionali e gli Usa non sono più i leader incontrastati del pianeta”. “Il mondo è sovraffollato – ha ricordato lo studioso – ci sono sette miliardi di persone sulla Terra, che diventeranno nove miliardi nel 2045: aumentando la popolazione, aumenta in maniera esponenziale il bisogno di energia, mai come oggi si parla tanto di sfida energetica”. Secondo Sachs bisogna reinventare i sistemi energetici. “Negli ultimi quarant’anni – ha affermato – ci sono stati mutamenti climatici imponenti, che però sono stati trascurati e di cui nessun ente erogatore e propulsore di energia ha mai tenuto conto. Di qui l’idea dell’Earth Institute, un organismo di cui Sachs è direttore, di riunire scienziati delle Ong e dell’Eni, per poter lavorare insieme e trovare una possibile soluzione ai problemi energetici del nostro pianeta.
All’amministratore delegato dell’Eni il compito di dimostrare come un’azienda profit, che persegue degli utili, può essere un soggetto economico così come suggerito da Sachs. Scaroni ha parlato della presenza dell’Eni in Africa, dove l’azienda italiana voluta da Mattei ha una posizione da leader nel settore degli idrocarburi, con 25mila persone al lavoro in 21 paesi. Un successo dovuto alla nostra tecnologia d’avanguardia, ad una organizzazione efficiente e un grande impegno finanziario. “Ma anche al fatto di essere italiani – ha spiegato Scaroni – Gli italiani, in giro per il mondo, sono accettati ovunque perché hanno un approccio amichevole e non sono invasivi”.
L’amministratore dell’Eni ha aggiunto che ancora oggi l’azienda è rimasta fedele alla politica di Mattei: formare nei paesi produttori personale in grado di sfruttare le risorse, trattare i paesi che hanno il petrolio come partner. “Quando andiamo in un paese – ha chiarito Scaroni – noi ricordiamo che noi sfruttiamo i giacimenti ma che le risorse sono loro. Solo tenendo conto di questo possiamo dare e ricevere il massimo. E questo ci ha sempre avvantaggiati”. Come in Libia, dove durante la guerra civile gli unici uffici stranieri aperti a Tripoli erano quelli dell’Eni, che non ha mai interrotto le sue operazioni nel paese. L’amministratore dell’ente petrolifero italiano ha parlato dei futuri progetti in Africa, di fronte a riserve di petrolio di 220 miliardi di barili che crescono di anno in anno con la scoperta di nuovi giacimenti, anche di gas. Ma non si estrarrà solo petrolio e metano. Si sta progettando di elettrificare vastissime aree, “perché senza energia elettrica non c’è sviluppo”. Infine, l’Italia. Il 95 per cento dei risultati l’Eni li consegue al di fuori del nostro paese, ma l’azienda non si dimentica della crisi che l’Italia sta attraversando. Di qui la decisione del forte sconto estivo sui carburanti “per dare un segnale a tutti che noi pensiamo al nostro popolo”.
Piatti, ascoltando Scaroni e Sachs, ha ricordato che don Orione parlava della necessità di una nuova fantasia della carità, perché il mondo potesse svilupparsi. “Una ‘fantasia’ che i nostri ospiti stanno rendendo operativa e concreta”. Secondo Piatti è finito il tempo delle ricette assolute, delle politiche pubbliche che falliscono perché non riescono a raggiungere la singola persona. È un problema di cultura e non di strategia. “Non si può guardare ad un bambino africano come se tutto il suo essere fosse limitato al problema contingente che ha – ha detto Piatti – Guardiamolo come facciamo con i nostri figli, amando il suo destino di felicità, lo scopo per cui è al mondo. In fondo è ciò a cui ci invita Bendetto XVI quando dice che le scelte politiche e gli interventi economici debbono partire dalle esigenze di verità, giustizia e bellezza che ogni uomo si porta dentro”.
(F.P, D.B.)
Rimini, 20 agosto 2012