90. La realtà come segno e l’avventura della conoscenza

Press Meeting

Al Meeting di Rimini si continua a parlare di conoscenza e avvenimento. Remi Brague, docente di filosofia alla Sorbona di Parigi e alla Ludwig Maximilan di Monaco di Baviera insieme a Costantino Esposito, docente di Storia della filosofia all’Università di Bari, hanno approfondito il tema della trentesima edizione dell’evento riminese, affrontando anche quello della realtà come segno. Giovanni Maddalena, docente di Filosofia teoretica all’Università del Molise ha introdotto e coordinato l’incontro che si è svolto nella sala A1.
Secondo il filosofo francese, la divaricazione tra un’oggettività totalmente risolta nella misurabilità e una soggettività come regno dell’interpretazione arbitraria può essere superata proprio dalla parola avvenimento. “Siamo noi stessi avvenimenti, una vita che non ritornerà più. La conoscenza che corrisponde al carattere unico del suo oggetto si può chiamare esperienza”. Essa secondo Brague va distinta dal concetto tutto moderno di esperimento scientifico che non è applicabile alla vita “non come fatto biologico, quanto piuttosto alla vita che conduciamo”.
Costantino Esposito ha spiegato che la situazione di separazione tra “sapere” e “credere” in cui si trova la filosofia moderna deriva in gran parte dal razionalismo di Kant. “Il problema della divaricazione posto non si risolve con il concetto di avvenimento come l’imporsi di un dato senza ragione, bensì come rapporto che viene prima della dialettica soggetto/oggetto… è il venirmi incontro del dato che mi attrae con tutta la sua presenza, mi tocca, mi colpisce, mi provoca”.
Maddalena ho portato quindi l’attenzione sul doppio motore dell’empirismo e dell’evoluzionismo della filosofia naturalista in auge. “Come ritrovare la dimensione della realtà come segno?”, è la sua domanda. “Il naturalismo è l’esito di un’opzione presupposta, di una scelta teorica rispetto alla totalità” ha chiarito Esposito, “la realtà della natura può essere conosciuta da noi sempre come segno di qualcosa e la nostra stessa conoscenza vale sempre come segno di qualcos’altro”. Al proposito anche Brague osserva: “Il paradosso della scienza odierna è che è sempre più esatta, ma sempre meno interessante, nel senso latino di inter-esse, partecipare, essere in mezzo a qualcosa. Si può conservare la scienza e scordarsi del desiderio di capire, così come conservare il desiderio di capire e scordarsi della scienza”. Nel campo della fede (“è la ragione che prende come oggetto le sue condizioni di possibilità”) la possibile conciliazione tra la conoscenza scientifica dell’universo e l’interesse vitale.
Libertà, etica e compito della filosofia gli altri temi toccati oggi. “Il gap del pensiero del nostro tempo è dato da una divisione fatale: l’affermazione dell’io senza verità e viceversa l’affermazione della verità senza l’io. La posta in gioco mi sembra quella di cogliere invece l’indissolubilità di questi due fattori”, ha dichiarato alla fine Esposito facendo eco alle parole di Brague. “La qualità principale del filosofo è la capacità di vivere nell’angoscia e di convertirla in esigenza di chiarezza”.
Numerosissime le presenze, come d’altra parte in tutti gli incontri fino ad oggi dedicati a questi temi. Molte anche le persone che hanno dovuto seguire le lezioni dei filosofi in videoconferenza nell’area predisposta all’esterno della sala. Tra i presenti, in prima fila seguiva attentamente i “colleghi” Carmine Di Martino, relatore lunedì 24 nell’incontro dedicato specificamente al tema del Meeting.

(G.L.)
Rimini, 26 agosto 2009