Si è inaugurata con l’appuntamento delle 15.00 in una Sala Tiglio gremita di persone (e altrettante in videoconferenza nell’adiacente saletta) una delle novità del Meeting 2009: il focus di approfondimento che, rinunciando alla classica “lezione frontale”, intende dare spazio, durante lo stesso incontro, a interventi dal pubblico. Scopo del focus è mettere in rapporto conoscenza ed educazione con l’intento di riscoprire il vero significato di due parole che, nell’uso razionalistico che se ne fa, sono spesso ridotte a “impressione meccanica” l’una e a “schema ideologico” la seconda. Le due citazioni sono di Stefano Alberto, docente di Introduzione alla Teologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano che ha introdotto e coordinato l’incontro. Hanno partecipato Andrew Davison, lecturer di Dottrina cristiana teologica dell’Università di Oxford, nonché Junior Chaplain al Merton College di Oxford; John Milbank professore di religione, politica ed etica all’Università di Nottingham; Adrian Pabst, lecturer di politica and religione all’università di Kent in Canterbury. Davison ha introdotto il concetto di “debito” che ciascuno di noi ha nei confronti di qualche insegnante. In questo senso è sicuro di indovinare l’importanza per molti dei presenti dell’incontro con don Luigi Giussani, che ha fatto dell’educazione “l’opera precipua della sua vita”. Ha recuperato poi la categoria di “benefattori” di Tommaso d’Aquino: Dio, i genitori, i benefattori generali e quelli particolari per introdurre il concetto di educazione come “elemento positivo che va a generare un debito”, l’unico dal quale possa nascere la gratitudine: per la vita, per l’amore, per la felicità, per la conoscenza. “Don Giussani ha sempre voluto suscitare la meraviglia e ha sempre spinto l’uomo a vedere il mondo in tutta la sua gloria”. Questo il punto cruciale del percorso della conoscenza: quando siamo grati, verso chi siamo grati? Verso chi abbiamo il debito più grande? Il contributo di Adrian Pabst approfondisce ancora il tema, a partire dalla denuncia della natura della crisi totale che tocca l’uomo: la mancanza di rapporti di fiducia. È l’ultima enciclica di Benedetto XVI, Caritas in veritate a segnare il filo conduttore dell’intervento. Non esiste il bene in sé, il bello in sé, il buono in sé, se non in rapporto con la verità. Dunque, la salvezza della nostra società non è né la via del liberismo, né dello statalismo, ma avviene attraverso la terza via che si fonda sulla verità dell’Incarnazione. Di “terza via” parla anche Milbank che intravede nel pensiero illuminista l’origine della riduzione dell’educazione a processo/procedura. “Sono riusciti a farci credere che gli ideali per cui l’uomo può dare la vita sono più astratti dell’istinto, di quello che si può misurare, di tutto quello di cui possiamo avere percezione attraverso la tecnica, ma così tutto si inaridisce”. La via è rimettere al centro l’uomo, nel punto in cui è “partecipazione metafisica”. Occorre riscoprire che la prima evidenza dell’uomo è “io non mi faccio da me”, conclude Stefano Alberto. Due gli interventi dal pubblico: come può l’uomo riconoscere il “buono”? Quando la conoscenza e l’educazione iniziano a essere avvenimento?