Nella convinzione non solo della necessità, ma anche della possibilità, di svolgimento del dialogo tra la politica (maggioranza e opposizione) e le varie componenti del mondo giudiziario (magistratura e avvocatura), l’avvocato Paolo Tosoni, coordinatore, ha avviato, nell’affollatissima Sala Neri, i lavori dell’atteso incontro tra protagonisti del confronto sui temi della riforma dell’ordinamento giudiziario: il Governo, rappresentato dal ministro della Giustizia Angelino Alfano e il Consiglio Superiore della Magistratura, nella persona del suo vicepresidente Nicola Mancino.
Nel suo intervento introduttivo il vicepresidente del Csm ha premesso che occorre una grande disponibilità al dialogo e al confronto tra posizioni che ciascuno ha il diritto e il dovere di spiegare. Ha così indicato alcuni esiti positivi del confronto tra Csm e Parlamento nel biennio 2006-2008 come l’affidamento all’organo della magistratura del compito di scelta dei magistrati chiamati a ricoprire funzioni direttive negli uffici giudiziari o le modifiche processuali per rafforzare il ruolo del giudice nella conduzione del processo entro termini di ragionevole durata.
“Restano ancora obiettivi importanti di riforma quelli per assicurare la certezza delle pene e delle sentenze; per questo dovrà proseguire il confronto e certamente – ha sottolineato Mancino – il Csm non intende affatto interferire nel merito delle proposte di legge governative e nel dibattito parlamentare sulla riforma, ma restare nei limiti delle funzioni costituzionali che gli competono”.
Il ministro Alfano ha tenuto a rimarcare che il dialogo tra i poteri dello Stato è indispensabile per dare contenuto alle proposte per la riforma della giustizia. “Il Governo – ha spiegato – deve poi tradurre tempestivamente in atti concreti per giungere alle decisioni parlamentari, è questo il suo compito, adempiendo agli impegni programmatici assunti di pervenire ad una effettiva riforma del sistema”. Alfano ha tuttavia lamentato che nello scorso anno non sia stato possibile un dialogo con l’opposizione, specialmente per la mancanza di interlocutori stabili in un centrosinistra troppo polemico con il governo. Il ministro ha tuttavia affermato che alla ripresa dopo il periodo feriale chiamerà espressamente tutte le forze di opposizione a partecipare a un confronto organico, a tutto campo, sulla materia della riforma.
Tosoni ha quindi invitato Mancino a parlare del Csm e ad esprimere le sue valutazioni su correnti e conflitto con il potere politico; cronica incapacità di effettivo autogoverno; “pareri” espressi in funzione di opposizione al potere politico.
In ordine alla riforma dell’azione disciplinare, Mancino ha sottolineato la necessità dell’aumento delle sezioni con compiti di esercizio dell’azione disciplinare, al fine di poter rendere effettive l’azione e l’emanazione di provvedimenti. Quanto ai “pareri”, ha aggiunto, “essi sono previsti dall’ordinamento giudiziario come dati al Ministro e affidati alla sua libera valutazione: non possono contenere perciò bocciature dell’operato del governo, la cui valutazione è rimessa al Parlamento”. Attraverso i pareri, invece, si tratta di mettere il ministro in condizione di conoscere i problemi reali sul tappeto. Mancino ha poi dichiarato di ritenere giusta la prevalenza del numero dei componenti togati rispetto a quelli laici, anche se “qualsiasi riforma è possibile, anche modificando le norme costituzionali, purché restino salvaguardati i principi dell’autonomia e della indipendenza della magistratura”. Il vice presidente del Csm si è detto contrario a due organismi di autogoverno per giudici e pubblici ministeri.
Intervenendo per il secondo giro di domande, il ministro Alfano ha evidenziato alcune questioni delicate nel rapporto con il Csm: la necessità di indipendenza dei giudici non solo esterna, ma anche interna rispetto a condizionamenti delle “correnti”; la prevalenza del merito e non delle raccomandazioni di corrente nella nomina dei vertici degli Uffici giudiziari e infine la necessità di non strumentalizzare in chiave antigovernativa i pareri del Csm da parte dell’opposizione.
Passando agli interventi di riforma, il ministro ha ricordato che “è ancora da attuare la effettiva parità tra accusa e difesa nel processo”, mentre ha negato di voler assoggettare i Pubblici Ministeri al potere del ministro della Giustizia, sottolineando però che i magistrati “sono e devono restare autonomi ed indipendenti, ma, come dice la Costituzione, soggetti solo alla legge; e la legge è fatta dal Parlamento, eletto dal popolo”.
Tornando sulla questione delle correnti, Mancino ha condiviso parzialmente l’opinione del ministro: “Il correntismo esasperato è un male, ma il problema vero è nell’incertezza dei valori che si è creata. Le riforme si facciano dopo aver dialogato, riconoscendo al governo il compito di decidere ma senza arroganza, avendo di mira il bene comune”.
Nel suo ultimo intervento, Alfano ha toccato i temi della parità tra accusa e difesa, della riforma dell’accesso all’Avvocatura – su cui ha chiesto una proposta agli stessi avvocati -, del sovraffollamento delle carceri, che sono state costruite per accogliere 43mila detenuti, ma che ne ospitano 63mila, di cui ventimila stranieri. “Questo – è il suo parere – pone un problema di cooperazione europea in termini di trattati e di garanzia della loro osservanza, ma anche in termini di edilizia carceraria. Intendiamo prendere provvedimenti precisi per la costruzione di nuove carceri e l’educazione al lavoro dei carcerati, così da rendere effettiva la loro rieducazione”.
A margine dell’incontro, va registrato che prima dell’inizio dei lavori ha fatto irruzione sul palco una persona che, munita di uno striscione – che le forze dell’ordine hanno impedito di poter dispiegare – intendeva protestare (come si è poi appurato) per il suo coinvolgimento, ritenuto ingiusto, in vicende giudiziarie.
(M.B., A.M.)
Rimini, 26 agosto 2009