Ancora una volta la sala si è dimostrata insufficiente e a un numero di persone quasi pari a quelle riuscite ad entrare è stato precluso l’ingresso. Eppure la sala A2 non può certo dirsi piccola. Al tavolo dei relatori dove ha preso posto il direttore de La Stampa Mario Calabresi introdotto e stimolato dalle domande di Alberto Savorana, portavoce di Comunione e Liberazione. Assenti giustificati, gli altri due ospiti previsti. A causa di una improvvisa colica renale Ferruccio De Bortoli direttore del Corriere della Sera, e per motivi familiari Gianni Riotta direttore del Sole 24 Ore.
Savorana introducendo l’ospite precisa che la frase del titolo è ripresa da don Giussani e va intesa come attenzione alla realtà, il saper essere senza pregiudizi di fronte a ciò che accade. Calabresi non prende abbrivio dal tema proposto ma dal titolo del Meeting 2009 “che in sei parole racchiude una vita intera. Ma perché ci sia un avvenimento occorre seguire un percorso, aperti allo stupore per l’inatteso. Fare domande e saper accogliere le risposte, andando al di là dei propri pregiudizi”. Per poi constatare che fare, e farci, domande è tipico dei bambini e quindi si tende a ridurre questo atteggiamento a caratteristica solo infantile. “In realtà si finisce di crescere proprio quando smettiamo di farci domande. E il mondo è saturato da risposte già fatte, preconfezionate e disponibili. Risposte con la forma di certezze”.
Attingendo alla propria esperienza di corrispondente dagli Usa per Repubblica, Calabresi ha esemplificato con fatti e situazioni questo concetto. “Andando a vedere i fatti con onestà, si è costretti a cambiare anche quanto si pensava e si voleva dimostrare”, coscienti che è difficile andare contro quello che definisce il “sentire comune”, ma che pure si deve raccontare il reale che vedi. Senza farsi travolgere dalla ideologia e senza dimenticare che “dietro i numeri o le storie ci sono sempre persone che vanno conosciute senza preconcetti”.
Per Calabresi questo ha significato cercare e incontrare le vittime della grave crisi dei mutui, scoprire e raccontare chi ha avuto la forza di tentare nuovi lavori e chi alla fine alla fine dell’esistenza si è trovato senza un solo centesimo, ma anche osservare a fondo Bernard Madoff durante il processo per dedurre che il suo accollarsi ogni colpa era un modo per proteggere la moglie e i figli.
A volte la notizia è costruita in modo ideologico senza preoccuparsi di usare menzogne, avallate dalla superficialità e dalla sciatteria di chi non verifica minimalmente la verità di quanto scritto. Le centinaia di articoli scritti contro il padre di Mario Calabresi, zeppi di falsità ma propedeutici al clima nel quale maturò l’omicidio (e purtroppo proseguiti anche dopo), ne sono un esempio.
In conclusione, tornando al titolo dell’incontro, Calabresi ha affermato che punto fisso rimane la capacità di farsi domande e di non scordare la propria umanità. “La verità ci rende liberi con noi stessi, prima ancora che verso gli altri. È quella situazione che ti permette la sera di stare bene con te stesso”. E termina con un ultimo ricordo del padre: “Mia madre dice che mio padre la sera quando spegneva la luce era in pace con se stesso”.
(G.B.)
Rimini, 26 agosto 2009